Economia

Adesso parla la gola profonda: "Ecco la vera paura di Conte..."

Metti una sera a cena faccia a faccia con i finanziamenti europei, proprio nel giorno dell’esultanza del ministro delle Finanze Roberto Gualtieri per l’arrivo della prima tranches del Recovery Fund e del discorso alla nazione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

Adesso parla la gola profonda: "Ecco la vera paura di Conte..."

Metti una sera a cena faccia a faccia con i finanziamenti europei, proprio nel giorno dell’esultanza del ministro delle Finanze Roberto Gualtieri per l’arrivo della prima tranches del Recovery Fund e del discorso alla nazione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Una di quelle serate illuminanti perché, di questi tempi, confrontarsi con i colletti bianchi della finanza ha un non so che di profetico. Come nell’antico antro della Pizia, all'apparire della parola Mes l’aria intorno si fa plumbea, rarefatta, i respiri rallentano, la voce diventa roca. Non resta che ascoltare sapendo che ogni opinione è destinata a cambiare secondo il lato da cui la si osserva. Così, attendo l’ora del caffè per chiedere, a chi ne sa più di me, se la rinuncia al Mes dichiarata da Conte è stata un bene e che fine ha fatto il resto dei soldi promessi dall’Europa.

"A un certo punto - dice il mio interlocutore - sembrava che la Cina non esistesse più, e che l’unico problema della pandemia fosse l’Italia. Un’onda di solidarietà egoistica si è levata verso il nostro Paese, essenzialmente spinta da due ragioni: da un lato era necessario segregarci in lockdown per evitare che l’infezione si propagasse in Europa, dall’altro era impossibile non confrontarsi con la crisi di un Paese ‘core’ dell’Unione europea al cui interno emergono forze politiche sovraniste. Così, viene deciso di offrirci un palliativo. A disposizione ci sono Mes e Recovery Fund. Il Mes fa capolino in maniera spot, strettamente collegato all’emergenza e alle sue conseguenze (240 miliardi in totale di cui 37 destinati alla sanità). Capisco che nessuno abbia ancora avuto il coraggio e la capacità politica di utilizzarlo. È diventato a tal punto un problema etimologico che se lo avessero chiamato Sem sarebbe tutto diverso. Ricorda troppo il Mes della Grecia quando venne praticamente commissariata e messa sotto tutela dall’Europa” - girando il cucchiaino nel caffè fa una pausa, poi continua - “La paura di Conte, ma soprattutto dei penta stellati è chiara. Anche se l’Europa ci promette che non applicherà mai il commissariamento, a lungo termine chi può dire cosa prevarrà? In fondo si tratta solo di una deroga al patto di stabilità, ma mettiamo il caso che si vada fuori obiettivo? Potrebbe essere una variabile sufficiente per ritirare la deroga?".

Alla fine non usufruiremo del Mes a quanto ha dichiarato il presidente Conte: è un bene o un male?

"Il Mes rappresentava una occasione di soldi freschi e immediati che avrebbero fatto la differenza. Dovevano essere presi subito senza troppe riserve appena sono state confermate le deroghe. Nel Mes (un fondo con figura giuridica societaria lussemburghese a cui hanno aderito 17 stati) l’Italia ha un peso diverso che nell’Unione e poteva governare meglio gli equilibri. La scelta è stata miope e la sconteremo a lungo termine. Però, al di là di questo, il messaggio di Conte oggi dimostra altro: la paura di uno strappo con i 5 stelle notoriamente anti-Mes, la consapevolezza che oggi la decisione sarebbe diventata tardiva e rischiosa, la volontà di continuare il mandato e proporsi come leader vincente in Europa. Infine, fare un favore a Francia e Germania che sostennero il Mes per l’Italia la cui scelta oggi sarebbe indifendibile alla luce di una pandemia diffusa con l’Italia tornata ad essere attanagliata dai soliti problemi. Un rammarico? Con un po’ di coraggio 240 miliardi avrebbero fatto la differenza".

A quanto pare, in Europa tutti hanno beneficiato della nostra learning-curve: l’Italia ha fatto da pesce pilota nella gestione della pandemia. Giusto o sbagliato, l’esempio italiano è servito agli altri per far accettare l’idea, monitorare le strategie, circoscrivere i focolai. Nel mentre, il nostro paese si trova sulle spalle mesi di lockdown che hanno minanto economia e lavoro, sommando al problema di una pandemia sanitaria quello di una pandemia economica. Ma questa è un’altra storia, ora i miei commensali sono concentrati sulle tracce dei finanziamenti europei promessi. Quindi chiedo: se il Mes fa paura soltanto a nominarlo che fine faranno invece i 209 miliardi (82 a fondo perduto e 127 di prestito su 750 miliardi complessivi) del Recovery Fund destinati all’Italia?

"Se non facciamo presto a beneficiare dei finanziamenti promessi e con le idee giuste su come utilizzarli – continua il mio interlocutore - non sono sicuro che quando li andremmo a chiedere tutti saranno così pronti e disponibili. Abbiamo perso tempo facendo gli schizzinosi e siamo ancora in stallo senza aver predisposto veri investimenti, nel mentre alle nostre regioni stanno arrivando le briciole. Dobbiamo aspettarci che qualcuno in Europa possa mettere in dubbio la dimensione complessiva di questi finanziamenti e soprattutto l’allocazione sull’Italia visto che ormai tutta l’Europa rischia di essere messa in ginocchio dalla pandemia. Anche quell’iniziale solidarietà - peraltro mai caratterizzante per l’Unione Europea - verrebbe a cadere".

Se capisco bene abbiamo perso il momento magico?

"Sugli aiuti a fondo perduto ho forti dubbi, viste le precedenti resistenze dei cosiddetti ‘paesi frugali’. In generale nessuno ne parla chiaramente, ma attendo con gioia che si dimostri il contrario. Oggi abbiamo un governo che naviga a vista. Sembrerà strano ma in questa situazione, anche la stessa ricomparsa del virus, facilita il proverbiale ‘facimmo ammuina’ della marina borbonica, e rinforza un uomo senza vera rappresentanza politica come Conte che nel mentre può coprirsi dietro la foglia di fico dei finanziamenti dicendo: sono andato in Europa ho preso questi soldi e mi sento anche titolato a guidare le danze e sottoguardare alcune tematiche di consenso personale. Anche se alla fine non ci saranno soluzioni e il paese continuerà ad essere in emergenza, lui potrà vantare di aver avuto una apertura di credito in Europa e continuare a governare coprendo le ferite sociali con il cerotto della cassaintegrazione. Ma le maglie sono destinate a stringersi. Tra cinque/sei mesi si riacutizzeranno i problemi economici e l’Italia avrà bisogno di una vera leadership del signore (o potrebbe essere anche una signora) che dovrà sedersi al tavolo delle trattative con Francia e Germania che, nel mentre, hanno vissuto quello che noi lamentavamo. Faccio una previsione: ci diranno che non se la sentono più di darci i finanziamenti promessi di 209 miliardi out of 750 quindi chiederanno di triplicare l’importo. Mal comune mezzo gaudio. Peccato che il piano previsto per la ripresa è finanziato attraverso i contributi degli stati membri della Unione Europea e ci toccherà alzare la nostra quota ottenendo meno di quel che dovremo mettere. Ma, nell’ipotesi peggiore, potrebbero anche dire che in Europa c’è chi sta peggio e l’Italia non ne ha più così bisogno".

Resta la domanda: quanti di quei miliardi promessi possono diventare uno strumento su cui l’Italia possa ‘effettuare tiraggi’ in funzione di un progetto?

"Se, ad esempio, mi sta chiedendo se per finanziare il progetto 5G (che per il sistema paese vale 40 miliardi) l’Italia potrà usare il Recovery Fund, le rispondo di no. Sia per colpa dell’Italia che non ha fatto il lavoro propedeutico per prenderli sia per colpa dell’Europa che non ha ancora completato l’iter. Ma il vero problema è un altro: siamo certi che i paesi prima generosi verso l’Italia nella logica di arginare e circoscrivere il problema covid nel territorio italiano, oggi siano ancora altrettanto disponibili essendo nella nostra stessa situazione se non peggio? Sto pensando ai paesi con attitudine mista tra frugalità e autoreferenzialità come l’Olanda, l’ala più dura e meno solidale della Germania o quelli più abituati a prendere che a dare come l’Ungheria".


Insomma, ascoltando off-air le considerazioni di chi ne mastica la sensazione è che si sia persa l’occasione per cavalcare la tigre quando l’Europa chiedeva enormi sacrifici all’Italia per bloccare il dilagare del virus. Non è così improbabile che la solidarietà europea, espressa a denti stretti, venga improvvisamente dissolta da un rigurgito nazionalista dei paesi che ora sono colpiti dalla pandemia. Ancor peggio, semmai i soldi arrivassero e in qualche anno si ripristinasse una nuova condizione di normalità fiaccata dalla crisi, ritornerebbe con maggior evidenza la chiamata al rispetto delle regole. A quel punto il nostro paese – ai vertici della UE per disoccupazione e indebitamento per propria natura strutturale più che congiunturale – sarà in grado di mantenere i patti ed evitare il ritiro delle deroghe?
Intanto i commensali se ne vanno e, come previsto, le domande irrisolte si posano sul fondo delle tazzine abbandonate sul tavolo.

Purtroppo non si vedono forme da decifrare nei loro fondi di caffè.

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