Economia

Banca Generali fa +19%. In Borsa nuove voci di vendita a Mediobanca

L'idea del Leone secondo i rumors: fare cassa per comprare Guggenheim negli Stati Uniti

Banca Generali fa +19%. In Borsa nuove voci di vendita a Mediobanca

La saga Generali-Mediobanca si è arricchita di un nuovo capitolo. L'agenzia Bloomberg ieri ha diffuso un'indiscrezione secondo cui il Leone potrebbe cedere Banca Generali a Mediobanca per finanziare l'acquisto degli asset di gestione patrimoniale della statunitense Guggenheim. I titoli coinvolti hanno immediatamente preso il volo. A fine seduta Banca Generali ha guadagnato il 19,12% a 28,60 euro, mentre Generali è salita dell'1,26% a 14,02 euro e Mediobanca ha segnato un +5,89% a 8,06 euro.

Su richiesta della Consob la compagnia guidata dal Ceo Philippe Donnet ha precisato che «valuta in maniera continuativa potenziali opportunità di M&A nel perseguimento del proprio piano strategico» ma che «ad oggi non è stata presa alcuna decisione». La stessa agenzia statunitense aveva precisato che l'eventuale accordo, avrebbe potuto assumere forme diverse dall'acquisizione evolvendo in una partnership o in un investimento. «Di tanto in tanto, abbiamo richieste e persino discussioni con terze parti che vogliono prendere in considerazione joint venture o che cercano di fare investimenti nella nostra azienda», ha dichiarato il portavoce di Guggenheim che gestisce oltre 228 miliardi di dollari di asset, poco meno della metà di Generali Investments (575 miliardi di euro).

Ovviamente l'indiscrezione ha generato contraccolpi nel panorama finanziario italiano. Il gruppo guidato dall'ad Alberto Nagel ha fatto sapere di non avere trattative in corso al momento. Occorre, tuttavia, ricordare che il piano industriale di Mediobanca prevede l'espansione nel mercato del wealth management e Banca Generali era già stata un obiettivo di Piazzetta Cuccia nel 2020 perché adeguata al suo modello di business (molto simile anche a quello di Banca Mediolanum). Due anni orsono l'ipotesi fallì tra la netta opposizione della Delfin di Del Vecchio (attualmente al 9,9% delle Generali e al 19,8% di Mediobanca) e la sostanziale neutralità di Francesco Gaetano Caltagirone (5,6% a Milano e 6,46% a Trieste). Allora Nagel avrebbe voluto pagare il 50,17% di Banca Generali detenuto dal Leone utilizzando in tutto o in parte il 12,8% detenuto nella compagnia assicurativa. Il disallineamento dei prezzi causa Covid fece naufragare tutto.

Oggi le quotazioni sono un po' più favorevoli: la quota di Generali nella controllata vale circa 1,65 miliardi e la partecipazione di Mediobanca a Trieste 2,8 miliardi circa, quindi un'eventuale riproposizione del deal avrebbe senso. Ove mai, però, si riaprisse il dossier ricomincerebbero le diatribe sulla governance di Trieste che hanno animato la formazione dei comitati dopo le polemiche dimissioni di Caltagirone e il diniego all'ingresso nel board dell'ex manager Cirinà. La posizione di questa componente dell'azionariato Generali è sempre stata favorevole all'indizione di una due diligence con conseguente asta competitiva per valorizzare al meglio la partecipazione in Banca Generali ove non fosse ritenuta strategica. Tanto più che un'eventuale acquisizione negli Stati Uniti verrebbe effettuata in un momento di relativa forza del dollaro sull'euro.

Ma se l'acquirente fosse straniero si potrebbe configurare l'esercizio del golden power, soprattutto ora che la nuova maggioranza considera Trieste e la sua controllata centrali per gli assetti finanziari italiani anche in virtù del loro portafoglio Btp.

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