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Colaninno, ottant'anni di passione per il prodotto

Artefice del rilancio di Piaggio, ha sempre rifiutato l'etichetta di "finanziere" legata al caso Telecom

Colaninno, ottant'anni di passione per il prodotto

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«Non toccavo il prodotto, vedevo le bollette, mi mancava la sensibilità fisica della produzione». Roberto Colaninno, che domani compie 80 anni, ha sempre rifiutato sdegnosamente l'etichetta di finanziere o di «capitano coraggioso» che i media gli avevano attaccato ai tempi dell'Opa Telecom, perché è un imprenditore, un industriale. Lo dimostra il percorso della sua holding Immsi che controlla Piaggio (cui fanno capo anche Aprilia e Moto Guzzi), i cantieri Intermarine (leader nella costruzione di navi cacciamine) nonché il golf resort di Is Molas in Sardegna. Anche se Piaggio nel primo semestre 2023 ha ottenuto risultati record (oltre un miliardo di fatturato e quasi 65 milioni di utile), la vera soddisfazione è la vittoria Aprila al MotoGp di Gran Bretagna con Aleix Espargaró che all'ultimo giro ha superato la Ducati di Pecco Bagnaia.

Insomma, tutt'altro che finanza ma prodotti finiti. Come testimonia la storia dell'imprenditore mantovano, iniziata nella seconda metà degli anni '60 alla Fiaam di cui diventa manager e poi proseguita con la fondazione di Sogefi, successivamente ceduta alla Cir dell'Ingegner Carlo De Benedetti. Nel 1996 la svolta con la nomina ad amministratore delegato di Olivetti , dalla quale l'Ingegnere si era disimpegnato. Colaninno avviò una campagna di dismissioni del vecchio core business dei pc e macchine per ufficio per concentrarsi sulla telefonia con Omnitel e Infostrada. Ma, soprattutto, a fine 1998 Colaninno era tra i soci di riferimento insieme alla Hopa di Emilio Gnutti e ad altri soci riuniti nel veicolo Bell .

Il resto è storia abbastanza nota. Olivetti cedette Omnitel e Infostrada ai tedeschi di Mannesmann per 15mila miliardi di vecchie lire. Colaninno punta al big deal con l'aiuto di Mediobanca: Opas su Telecom da 100mia miliardi di lire. Quello di Colaninno è un piano industriale: consolidare la presenza internazionale (Francia, Germania, Brasile, Argentina e Cuba) e rafforzare la leadership italiana con un'offerta media integrata delle controllate Tim, Seat Pagine Gialle e Tin.it che avrebbe compreso non solo Internet ma anche la tv con La7. I flussi provenienti da Telecom e la sua galassia avrebbero dovuto ripagare il debito di Olivetti che, nelle intenzioni di Mediobanca, avrebbe dovuto diventare una holding delle eccellenze italiane inglobando anche la filiera Compart-Montedison-Edison.

Il sogno finì nel luglio 2001 perché Gnutti decise di vendere il controllo di Olivetti a Marco Tronchetti Provera e a Benetton conseguendo una plusvalenza non trascurabile. Colaninno dichiarò: «Ero ricco ma anche incazzato». Non si diede per vinto e nel 2002 acquistò Immsi, una società immobiliare trasformata in holding con la quale acquisì il gruppo Piaggio da Morgan Greenfell, fondo di Deutsche Bank. La società della Vespa versava in condizioni tutt'altro che ottime, i nuovi modelli latitavano e il business languiva. Oggi il mantovano Colaninno ne ha fatto il quarto player globale che da Pontedera ha creato stabilimenti in India, Cina, Vietnam e Indonesia. Oltre a Piaggio Fast Forward, la fabbrica del futuro di Boston dove si producono droni e sistemi avanzati per le due ruote.

Perché Colaninno ha sempre interpretato la «sensibilità della produzione». Sia quando nel 2003 cercò di affiancare gli Agnelli per salvare la Fiat sia quando dal 2008 al 2013 è stato presidente di Alitalia-Cai. Lo ha fatto perché aveva un'idea in mente. E il progetto ha sempre prevalso sulla contingenza politica. L'imprenditore non ha mai voluto essere associato a nessun attore. Non lo fece nel 1999 quando il premier D'Alema «benedisse» l'iniziativa privata dell'Opas.

E nemmeno nel 2008 quando si trattò di rispondere all'appello di Silvio Berlusconi per Alitalia.

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