Politica economica

Ex Ilva, il governo medita il ritorno all'acciaio di Stato

Il ministro Urso irritato dallo stop all'indotto. Oggi vertice a Roma: sul tavolo il nodo Cigs

Ex Ilva, il governo medita il ritorno all'acciaio di Stato

Acciaierie d'Italia potrebbe avere vita breve. E l'Ilva di Taranto per l'ennesima volta nella sua storia potrebbe ripartire da zero. Il polo della siderurgia italiana deve uscire dal guado di una crisi senza precedenti in cui la soluzione (la nascita di Acciaierie d'Italia per il suo rilancio) appare oggi il primo dei problemi. La crisi energetica e quella di business sono innegabili, ma a Taranto la governance non va.

Preso atto che lo Stato attraverso Invitalia non può salire in maggioranza, come indicato dalle clausole dell'accordo, e che ArcelorMittal non si sta rivelando il cavaliere bianco ipotizzato, il nuovo governo non può che correre ai ripari per riprendere le redini del polo industriale finito alla deriva. Il governo non sta gradendo il metodo con il quale Acciaierie d'Italia batte cassa verso il governo. Lo stop alle aziende dell'indotto, infatti, è considerato un ricatto per lo sblocco del miliardo previsto dal dl Aiuti Bis.

Inoltre, secondo indiscrezioni, le due «anime» di Acciaierie d'Italia (Invitalia da una parte con il 40% e ArcelorMittal dall'altra con il 60%) non stanno collaborando con il governo e hanno addirittura omesso, in un recentissimo incontro, di comunicare al ministro delle Imprese Adolfo Urso il blitz sull'indotto. «La questione dell'Ilva è sicuramente strategica per l'industria italiana e per la siderurgia del Paese e va ricondotta nei giusti binari - ha detto Urso - aspetto ad ore che l'azienda ci dia un segnale costruttivo rispetto a quello che ha fatto senza nessun preavviso nei confronti delle società dell'indotto e dei loro lavoratori». Mossa che è stata definita da Urso «sorprendente». Il ministro ha infatti spiegato di avere avuto un confronto personale nei giorni precedenti con l'azienda, il presidente, l'ad e il socio pubblico: «Nessuno mi aveva detto che c'era una decisione di questo tipo. È chiaro che l'azienda debba tornare sui propri passi».

Se quindi non sarà Arcelor Mittal a fare il passo indietro, toccherà al governo rimescolare le carte. L'idea che sarebbe allo studio in queste ore prevedrebbe una sorta di fallimento pilotato di Acciaierie d'Italia per ripartire da zero e riportare (davvero) il controllo dell'Ilva nelle mani dello Stato. «Tanto più visto che Acciaierie d'Italia è di fatto una scatola vuota piena di debiti», commenta una fonte.

Al momento il governo, che oggi incontrerà i sindacati, non si è espresso nel merito anche nell'attesa di avere un quadro il più possibile completo della situazione. Tuttavia, ieri il ministro Urso ha chiarito che «il governo non può essere sotto scacco, non siamo ricattabili da parte di alcuno. Questo vale per chiunque si confronti con l'Italia. Mi aspetto decisioni a breve dell'azienda che possano riportare nei giusti binari il confronto».

Allo studio anche la problematica del rinnovo della cassa integrazione straordinaria «che contiamo di esaurire in brevissimo tempo confrontandoci con gli altri ministeri competenti e con i commissari straordinari della procedura», ha detto Federico Eichberg, capo di gabinetto del ministero delle Imprese e del Made in Italy. Oggetto della richiesta sindacale all'ex Mise era stata la copertura finanziaria per il 2023 di 1.

600 addetti che non sono stati assunti né da ArcelorMittal né da Acciaierie d'Italia.

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