Economia

I "cattivi" della Borsa alla prova del 2013

Dopo il fallimento di Richard Ginori restano 38 titoli a rischio: quelli inseriti nella black list della Consob

Alcuni dipendenti davanti all'ingresso dell'azienda Richard Ginori
Alcuni dipendenti davanti all'ingresso dell'azienda Richard Ginori

Il 20% di Piazza Affari è sotto la stretta osservazione di Consob e suddiviso tra le cosiddette black e grey list, nere e grigie, ovvero elenchi di società sottoposte a obblighi di informazione più o meno rigidi rispetto a quelli ordinari a causa di incertezze più o meno gravi sulla continuità aziendale. L'anno è iniziato con il fallimento della Richard Ginori, società da tempo sospesa dalle contrattazioni di Borsa e tra i sorvegliati speciali.
L'elenco è lungo: sono 51 i titoli di società ritenute in qualche misura a rischio (38 nella black list e 13 nella grey). Nessun settore è escluso e in lista ci sono ex stelle del listino così come società approdate in Borsa con grandi ambizioni rimaste tali. E ben quattro titoli sono sospesi a tempo indeterminato dalle negoziazioni di Piazza Affari. Si tratta nell'ordine di: Aicon (su cui i tempi della procedura fallimentare si stanno inevitabilmente stringendo anche se non manca chi spera nell'arrivo di nuove offerte per il gruppo che produceva yatch di lusso), Uniland, (che ha presentato domanda di concordato preventivo), Rdb (in amministrazione straordinaria nell'attesa di nuovi possibili investitori) e Cogeme Set, società in liquidazione.
Un'anticamera al fallimento? Non sempre e non necessariamente. D'altro canto persino la Juve e il Milan sono finiti in serie B. Per non parlare di molti attori hollywoodiani come John Travolta più volte dati per finiti e più volte risorti. Ma, a meno di non essere appassionati di «distressed asset», la presenza di un gruppo in una delle due liste fornisce qualche motivo in più per tenere elevata la soglia di attenzione. Tanto più che si tratta di titoli sottili e ad elevato rischio di volatilità e con una copertura da parte dei broker, salvo poche eccezioni, praticamente inesistente.
Anche perché, spesso al di là della vigente richiesta di Consob indicata dall'ultimo elenco, la permanenza nella black list sembra essere una costante nel tempo più che una situazione temporanea di crisi. Non manca chi ha un posto in lista sin dal 2004 come Montefibre (ex Montedison Fibre) che proprio il 16 gennaio dovrà presentare il nuovo piano di ristrutturazione del debito ai sensi della normativa fallimentare (art. 182 bis).
Senza considerare che spesso poi l'uscita dalla black list non sottende un pieno ritorno alla normalità, ma piuttosto l'inserimento nel limbo della grey list (ad esempio As Roma). Così come la caduta nella grey list frequentemente si è tradotta in un viaggio senza ritorno nella black (appunto Richard Ginori).
In ogni caso, a un primo sommario esame e andando a ritroso nel tempo fino all'estate del 2007 un dato appare chiaro: di miracoli non se ne sono proprio visti. Complice probabilmente la crisi che da tempo imperversa sulle Piazze si sono invece contati numerosi fallimenti, procedure concorsuali, ingenti ingressi nel capitale che di fatto hanno messo alla porta i precedenti azionisti per rifinanziare le società prima poi di procedere ai delisting, conversioni del debito che di fatto hanno sortito lo stesso effetto (come recentemente avvenuto con Seat), molteplici casi di cambiamenti di denominazione sociale più o meno supportati da nuovi percorsi (come Krenergy ex Kaitech).
Molti anche i tentativi di rilancio industriale come i diversi effettuati, nel corso degli anni, da Zucchi, Seat e Tiscali. Il successo anche in questi casi è stato, nella migliore delle ipotesi, parziale.

Ma la speranza rimane sempre l'ultima a morire.

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