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Ilva, piano "B" del governo per evitare di chiudere

Due settimane per trovare un'alternativa ad Arcelor, ma al momento non c'è nulla. Lavoratori nelle piazze

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Due settimane per mettere in piedi un «piano b» che, al momento, non esiste. È questo il cronoprogramma fissato dal governo per dare un futuro all'ex Ilva di Taranto, a un passo dal baratro. Dopo i numerosi appelli lanciati dal presidente di Acciaierie d'Italia, Franco Bernabè, il governo ha convocato ieri i sindacati (Fim, Fiom e Uilm) e - mentre per le strade della Capitale andava in scena l'ennesima manifestazione nella storia del polo siderurgico - ha promesso una via d'uscita, ma dai contorni per ora indefiniti. «Il governo ha escluso qualsiasi ipotesi di chiusura o liquidazione e, nello stesso tempo, ha ribadito la volontà e l'impegno per la salvaguardia degli impianti, la tutela della sicurezza sul lavoro e il raggiungimento dei livelli di produzione necessari», spiega una nota di Palazzo Chigi.

Ma in che modo? Il confronto con il socio privato Arcelor Mittal (62%) è stato definito «difficile» e proprio per questo si è parlato di un piano b. «Ci hanno detto che pensano anche a un'alternativa a Mittal nel caso il dialogo con la multinazionale dell'acciaio fallisse», hanno spiegato i sindacati.

Prima di allora, però, c'è l'appuntamento del 26 ottobre quando l'assemblea di Acciaierie d'Italia sarà convocata e sul tavolo saranno formalizzate le dimissioni del presidente di Adi Holding, Franco Bernabè. Una via obbligata, con il presidente che ha rimesso il mandato alla luce della grave stasi aziendale causata dai dissidi tra i soci, che potrebbe essere evitata solo se il governo, per quella data, avrà messo sul piatto le risorse che servono all'azienda per sopravvivere e poi rilanciarsi.

«Continueremo a chiedere soluzioni fino a che non le avremo», ha detto il leader della Uilm, Rocco Palombella, al termine dell'incontro a palazzo Chigi, rimarcando che «il governo deve capire che è arrivato il momento di prendere la maggioranza e la governance dell'azienda lasciata in mano all'ad Lucia Morselli. In questi anni - ha aggiunto - si sono avvicendati otto governi, otto ministri dello Sviluppo economico, abbiamo fatto decine di scioperi e manifestazioni ma dopo undici anni questa vertenza non è stata risolta».

Nel corso del vertice «ci è stato detto che si considera Arcelor Mittal un interlocutore credibile, nonostante in questi anni non abbia prodotto alcun risultato, sotto nessun punto di vista. Questo sarebbe sufficiente per capire che non ci sono più le condizioni per andare avanti nella trattativa segreta che il governo sta portando avanti con la multinazionale».

Una situazione molto delicata - che interessa oltre 10mila lavoratori - e che è appesa a un filo: esiste infatti il rischio «imminente» di un'interruzione della fornitura di gas ad Acciaierie d'Italia e la necessità di una caparra di circa 100 milioni al fornitore, pagamento che la società non è in grado di fare.

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