Economia

L'economia italiana morsa all'orecchio

Siamo tornati al 1997, quando Mike Tyson "cannibalizzò" Evander Holyfield sul ring

L'economia italiana morsa all'orecchio

“Ecco una data importante nella storia della scienza! 5 novembre 1955!”: come dimenticare il mitico Emmett “Doc” Brown che mostra a Marty Mc Fly i prodigi della Delorean trasformata in macchina del tempo? Una favola fantastica, una trilogia capace di far sognare milioni di telespettatori. Oggi grazie all’indagine annuale dell’ISTAT sui conti nazionali, anche gli italiani viaggiano nel tempo come se fossero a bordo di una gigantesca Delorean. Solo che questa non è una favola sognante come quella di “Ritorno al futuro”, ma è l’incubo nel quale 14 mesi di coronavirus hanno precipitato i consumi degli italiani. Che sono tornati al 1997. In radio spaccavano Andrea Bocelli, Pino Daniele e il best of di Zucchero. In serie A la Juventus di Marcello Lippi e Alessandro Del Piero vinceva il suo ventiquattresimo scudetto dopo un entusiasmante testa a testa con il Parma di Carlo Ancelotti ed Enrico Chiesa. L’Europa del calcio fu amara con le italiane: la Juventus perse la finale di Coppa dei Campioni contro il Borussia Dortmund e l’Inter perse quella di Coppa Uefa contro lo Schalke 04 dopo i calci di rigore (ma i nerazzurri si sarebbero rifatti la bocca il 15 giugno con l’arrivo a Milano di Ronaldo il Fenomeno). Presidente del Consiglio era Romano Prodi, già presidente dell’IRI in quota alla sinistra della Democrazia Cristiana, poi vincitore delle elezioni politiche con l’Ulivo contro il centrodestra di Berlusconi nel 1996. Gli italiani in tasca avevano ancora la lira, l’euro sarebbe arrivato solo nel 2002. Il 15 luglio a Miami veniva assassinato in circostanze mai del tutto chiarite lo stilista Gianni Versace, uno dei nomi più importanti della moda italiana nel mondo. Milioni di persone restarono incollate agli schermi per la tragica vicenda di Lady D., la principessa Diana Spencer, morta in un incidente stradale sotto il tunnel dell’Alma a Parigi il 31 agosto 1997; i funerali del 6 settembre successivo furono seguiti in diretta televisiva da quasi 3 miliardi di persone. Il 28 giugno 1997 a Las Vegas durante l’incontro di pugilato valido per la finale dei pesi massimi tra Mike Tyson ed Evander Holyfield, al terzo round “Iron Mike” morde un orecchio all’avversario staccandogli un pezzo di cartilagine. Il crollo dei consumi nel 2020 del coronavirus ha riportato i prezzi a 24 anni fa.

La terrificante mazzata

La mazzata è terrificante nel calo di consumi tra 2019 e 2020 su ristoranti e alberghi (- 40%), sui traporti (-26,8%), sull’intrattenimento culturale (-23,2%), su abbigliamento e calzature (-20,1%), sui servizi, cioè le prestazioni professionali che soddisfino bisogni economici (-16,6%). In soldoni nel confronto tra il 2019 e il 2020 il calo è ancora più evidente: nel 2020 gli italiani hanno speso per mangiare e dormire fuori casa 45 miliardi, 856 milioni e 600mila euro in meno rispetto a un anno prima. Per metro, autobus, arerei, treni, navi et similia mancano all’appello 37 miliardi, 879 milioni e 900mila euro. Per teatri, cinema, musei, libri e tutto ciò che fa cultura ci sono stati minori incassi per 17 miliardi, 137 milioni e 400mila euro. Professionisti e artigiani, come in generale tutti coloro che offrono le proprie prestazioni a terzi, hanno visto gli onorari calare di 95 miliardi, 578 milioni e 400mila euro. Roba che nemmeno il biennio nero 2012-2013 dopo la crisi dei mutui subprime scoppiata negli Stati Uniti nel 2007-2008. Un salasso con effetto Delorean, un viaggio indietro nel tempo. A metà anni Novanta, infatti, gli italiani avevano speso 69 miliardi, 916 milioni e 310mila euro per vestiti e scarpe contro i 64 miliardi, 265 milioni e 900mila del 2020. Per l’istruzione nell’anno della didattica a distanza e delle università chiuse gli italiani hanno tirato fuori dai portafogli 9 miliardi e 30 milioni contro i 9 miliardi, 89 milioni e 300mila euro del 1995. A metà dell’ultimo decennio del secolo scorso il Bel Paese spendeva in cultura 65 miliardi, 425 milioni e 920mila euro, molto di più quindi dei 56 miliardi, 656 milioni e 700mila del 2020. Un quarto di secolo fa l’Italia di alberghi e ristoranti aveva messo in cassa 72 miliardi, 105 milioni e 700mila euro, quella dello scorso anno ha fatto registrare in cassa 67 miliardi, 439 milioni e 600mila euro. L’unico segno positivo viene registrato dal settore degli alimentari e delle bevande; ovviamente le famiglie italiane costrette a lungo in casa hanno rifornito spesso frigorifero e dispensa. I registratori di cassa di negozi e supermercati hanno battuto un fantasmagorico scontrino di 160 miliardi, 116 milioni e 200mila euro, contro un 2019 che aveva chiuso a 155 miliardi e 798 milioni.


Le tasche delle famiglie

Secondo l’ISTAT un bilancio familiare medio di 2.500 euro nel Centro Nord e di 1.900 nel Sud Italia nel 2020 è stato assorbito soprattutto da alimentazione (468 euro) e abitazione (893 euro). In pratica nel 2019 una famiglia per ogni 100 euro a bilancio ne destinava 53 alla casa, mentre nel 2020 sono diventati oltre 58. Il calo dei redditi da lavoro dipendente (-6,9%) e da impresa (-12,2%) ha portato, sottolinea il Def (documento di economia e finanza) approvato dal governo Draghi lo scorso 16 aprile, a un complessivo deterioramento della situazione patrimoniale delle famiglie italiane; cioè le voci in passivo sono aumentate molto più velocemente dei quelle in attivo. Questo nonostante resista un’alta propensione al risparmio delle famiglie italiane: un salvadanaio da 4.445 miliardi di euro nel 2019, cresciuto di ulteriori 51 miliardi e 600 milioni nel primo semestre del 2020, come evidenziato da Bankitalia nel rapporto “I conti economici e finanziari durante la crisi sanitaria del Covid-19”. L’economia è anche psicologia. Il 2020 ha visto la prima ondata da coronavirus di febbraio-aprile che ha terrorizzato gli italiani, giustamente spaventati da questo sconosciuto nemico invisibile.

Illusione estiva

L’estate sembrava aver reso il COVID-19 un brutto ricordo. Poi la seconda ondata tra settembre e novembre ha fiaccato la popolazione anche nell’animo. Le riaperture della prima metà di dicembre sembravano anticipare un ritorno alla normalità. Ma la terza ondata pandemica da gennaio a questi giorni ha ripiombato gli italiani nello sconforto. Certo le dosi giornaliere di vaccino inoculate sono in netto aumento (15 milioni e 244mila vaccinazioni tra prime e seconde dosi al 19 aprile 2021). L’approssimarsi dell’estate lascia ben sperare. Le annunciate riaperture sono un tentativo del governo di gettare il cuore oltre l’ostacolo di contagi e decessi che non diminuiscono con la rapidità sperata.

Ma la psicologia dopo 14 mesi di emergenza sanitaria serve: in termini di prospettiva, di speranza, di futuro. Anche perché tornare nel passato con la Delorean di “Ritorno al futuro” non è consigliabile: potreste imbattervi in Mike Tyson non ancora sazio dopo il suo incontro ravvicinato con l’orecchio di Evander Holyfield…

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