Economia

Il piano del governo per fermare la fuga delle aziende

Le nuove norme al vaglio del governo dovrebbero integrare quelle già realizzate nel 2018

Il piano del governo per fermare la fuga delle aziende

Torna nuovamente alla ribalta il tema della legge antidelocalizzazioni, uno strumento che il governo spera possa risultare utile per impedire la fuga dal nostro Paese di tutte quelle aziende che trovano condizioni economiche più vantaggiose all'estero.

Le nuove norme al vaglio dell'esecutivo, che dovrebbero integrare quelle già realizzate nel 2018, sono studiate per colpire in particolar modo le aziende che hanno usufruito di contributi pubblici: per queste potrebbe essere prevista la restituzione di suddetti fondi, comprensivi di interessi, e l'adozione di misure per salvaguardare l'occupazione ed il valore del sito industriale, nonché la ricerca di un nuovo acquirente.

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando e il viceministro allo Sviluppo Economico Alessandra Todde dovranno vagliare le proposte presentate dai vari partiti che sostengono la maggioranza presieduta dall'ex governatore della Banca centrale europea Mario Draghi. "Ci sono varie direttrici sulle quali lavorare: se l'impresa vuole restare occorre che rispetti un tempo ordinato per proporre una prospettiva produttiva alternativa", specifica Alessandra Todde, come riportato da Repubblica. "In questo caso gli incentivi possono essere importanti. Nel caso invece di delocalizzazioni di aziende che hanno utilizzato incentivi pubblici la norma in arrivo, pur operando in un contesto di mercato ed europeo, deve poter prevedere anche sanzioni", puntualizza ancora il viceministro grillino.

Seguendo la via tracciata dalla "Legge Florange", varata anni fa in Francia dall'allora presidente François Hollande, le norme antidelocalizzazioni dovrebbero prevedere l'obbligo per le aziende di comunicare preventivamente alle istituzioni ogni decisione di trasferimento. In seguito a ciò la stessa società dovrà produrre uno specifico Piano di reindustrializzazione, da presentare ufficialmente durante un tavolo istituzionale.

In caso di chiusura di un'azienda o di un ramo della stessa, come anticipato dal protocollo sindacale siglato lo scorso giugno, le imprese saranno obbligate a utilizzare gli ammortizzatori. L'eventuale chiusura dovrà obbligatoriamente essere comunicata almeno 6 mesi prima: sarà poi compito di un "advisor" cercare soluzioni alternative o trovare nuovi investitori. A questo punto le aziende che hanno beneficiato di denaro pubblico dovranno restituire tali fondi con gli interessi: in caso di violazione della norma è prevista una pesante multa pari al 2% dell'intero fatturato.

Dovrebbero restare in vigore gli incentivi già previsti per chi investe nel nostro Paese: col Fondo di Salvaguardia le aziende in difficoltà potranno ricevere fino a 10 milioni di euro, a patto di restare in Italia per almeno 5 anni.

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