Economia

L'impasse delle Grandi opere

Non mi stupisce affatto ma certo mi preoccupa l'allarme lanciato nei giorni scorsi dai Commissari straordinari alle grandi opere, ovvero alla realizzazione di infrastrutture strategiche per il Sistema Paese

L'impasse delle Grandi opere

Non mi stupisce affatto ma certo mi preoccupa l'allarme lanciato nei giorni scorsi dai Commissari straordinari alle grandi opere, ovvero alla realizzazione di infrastrutture strategiche per il Sistema Paese. Nella sostanza lamentano un'incomprensibile impasse a proposito delle procedure speciali del Pnrr: non sono stati ancora nominati gli organi che dovrebbero accelerare l'approvazione dei progetti da far decollare. Siamo fermi, insomma.

Di nuovo ritorna l'antico vizio tutto italico: annunci in pompa magna e poi, per una ragione o per un'altra (ma nel fenomeno dello stallo mai nulla è ragionevole) si blocca tutto. La realizzazione dei progetti pubblici già previsti rappresenta uno snodo cruciale del rilancio del nostro Paese attraverso l'esercizio finalmente razionale di spesa pubblica, tanto più che l'Europa, per i motivi che conosciamo, è assai interessata alle mosse dell'esecutivo Draghi. Tutti concordano che si tratta di un'occasione irripetibile quella di utilizzare con giudizio i copiosi fondi provenienti dalla Ue. Eppure, nonostante ciò, davanti allo scatto in avanti che sarebbe ormai nelle cose, interviene sempre un fattore «storico» che si mette di traverso. Quel che denunciano i Commissari straordinari alle grandi opere è un fatto molto grave. E il loro più che giustificato rammarico chiama in causa direttamente il premier Draghi e i ministeri competenti, in primis i ministri Giovannini e Cingolani. L'attuazione del Pnrr necessita che il motore della macchina pubblica funzioni per davvero. Perché occorre attivare, non bloccare. E poi controllare con assoluto rigore e severità che le infrastrutture pubbliche vengano realizzare in tempi certi, in sicurezza e senza che le voci di spesa in corso d'opera lievitino per il ricorso a cattive pratiche.

E cioè: prebende, pressioni e mille interessi che nulla hanno a che fare con l'interesse vero e virtuoso del Paese reale.

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