Transizione energetica

"L'industria italiana è brillantissima, può resistere alla crisi energetica"

Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia, parla di come l'industria italiana può resistere alla sfida energetica e, con la sua cultura manifatturiera, gestire la sfida della transizione

"L'industria italiana è brillantissima, può resistere alla crisi energetica" Esclusiva

L'industria italiana, e soprattutto quella del Nord, vive nell'inquietudine legata alla crisi energetica. Ma già da prima dello scoppio dell'emergenza mondiale legata alla guerra russo-ucraina spesso ha saputo, con inventiva e creatività, trovare una soluzione ai temi più urgenti, compresa la necessaria complementarietà tra sviluppo climaticamente sostenibile e difesa della produttività. Del tema parliamo con l'Eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini, che da oggi al 4 novembre guida una delegazione della Commissione Industria e Trasporti dell'emiciclo di Straburgo a visitare le eccellenze industriali della Lombardia e del Nord Italia alle prese con la sfida energetica. Questa, nota Salini a IlGiornale.it, rientra in una "serie di visite che le commissioni parlamentari fanno sul territorio in tutta Europa in luoghi strategici", ma "acquisisce in questa fase un significato molto importante".

Quale sarà il filo conduttore della vostra visita?

"La tradizione manifatturiera e la cultura industriale del nostro Paese. La nostra brillante industria può resistere alla crisi energetica, una delle cui variabili determinanti è la guerra, ma non solo. Uno dei punti che vogliamo approfondire è l'analisi di quei fattori legati a scelte discrezionali che possono favorire o meno il rapporto tra industria e sistema energetico".

Come ritiene si possa uscire da questa crisi?

"Partiamo da un presupposto: l'attuale crisi offre molte opportunità per correggere eventuali scelte che possono essere ricalibrate o riconsiderate. Abbiamo dalla nostra, come Italia, un incrocio di tre fattori molto importanti per quel che attiene il legame tra la strategia energetica e quella industriale, che è il vero nesso che va ricreato: la forza delle infrastrutture tradizionali, il ruolo delle rinnovabili, la capacità di immaginare il futuro dell'industria".

Insomma, un sistema-Italia che regge...

"Si. Partendo dal tema energetico in quanto tale, siamo all'avanguardia per le infrastrutture gas: a partire dallo storico esempio di Enrico Mattei siamo diventati un'avanguardia strategica del Mediterraneo per tutta la politica europea. In quest'ottica, dobbiamo chiederci che futuro ha il gas nella strategia europea: c'è chi ha deciso di distruggere la sua presenza nella strategia industriale, ed è stato un errore, in quanto in gran parte insostituibile nel mix energetico. Abbiamo intere filiere dipendenti dal gas, che è la meno impattante delle risorse fossili e risorsa ponte che permette di non tradire il ritmo dell'agenda green, ancorandola alla nostra tradizione di mercato interno più avanzato e più sostenibile al mondo".

Del resto le rinnovabili non stanno a zero in Italia. Qual è la sua visione a riguardo?

"Ci candidiamo come Italia, soprattutto nel Meridione, a produrre in forma crescente fonti rinnovabili da eolico e solare, tenendo fede però al principio della neutralità tecnologica. Non si piega mai la realtà all'ideologia, ma si immaginano nuove visioni. Sulle rinnovabili si gioca una partita enorme: possono arrivare al 60-70% del mix energetico".

Terzo punto da lei toccato è il tema del futuro dell'industria italiana. Come può evolvere alla luce della crisi energetica?

"La manifattura italiana è energivora ma brillantissima e decisiva per il Pil nostrano e europeo. Crea posti di lavoro e rende l'Europa protagonista nelle filiere globali, molto spesso con prodotti insostituibili, accompagnati da una capacità di servizio e assistenza tecnica del funzionamento di macchinari e prodotti di assoluta eccellenza. Chi fa del male al Paese? Non chi fa tante rinnovabili e poco gas, o viceversa, ma chi disarticola il sistema e non tiene conto delle sue interconnessioni forti".

Sono queste interconnessioni che andrete a analizzare nella vostra visita?

"Lo spirito di questa visita è la volontà di parlare sia a soggetti pienamente energetici, occupandoci dei vari livelli della catena del valore, sia agrandi player dell'industria, come Leonardo, protagonista dell'innovazione, Brebemi, grande player del settore industriale in alleanza tra pubblico e privato sul fronte dei capitali, che presenta un progetto innovativo sulla mobilità elettrica legato alla ricarica delle macchine in movimento. Grandi sfide e attenzione alla neutralità tecnologica".

Un modello di diversificazione pragmatica che spesso non ritroviamo nell'agenda europea...

"Il duo von der Leyen-Tiemmermans spesso ha prodotto un'agenda di politica industriale ed energetica che ha fatto prevalere l'ideologia sulla realtà. Per fare un esempio: l'Europa ha finanziato con miliardi di euro la sfida dei carburanti alternativi, complementare a quella dei motori elettrici, facendo convivere auto tradizionale e nuove tipologie, ma poi è caduta vittima dell'innamoramento di un'unica forma di produzione, quella del motore elettrico. Nostro compito come Europarlamento è sostenere le scelte corrette della Commissione ma pungolarla laddove è necessario un miglioramento"

Che ruolo si può affidare all'industria in tale processo?

"Non bisogna fidarsi ciecamente del mercato, che è un meccanismo, ma puntare sul fattore umano. Gli imprenditori sono esseri umani, degni della fiducia della politica, a cui si deve dare la fiducia per veder messa alla prova la loro capacità di reazione sia alle sfide come la transizione che agli shock improvvisi come Covid e guerra, tenendo il sistema insieme e non corrodendolo. Troppo spesso abbiamo fissato target aprioristici, lasciandoci solleticare dalla necessità di produrre proposte che potessero raccogliere un facile consenso in virtù di un populismo, molto spesso di sinistra, che ha fondato la sua base sulla paura esasperata di una fine del mondo imposta dalle pratiche ambientalmente scellerate dell'essere umano, indicato come unico colpevole. La verità, tra questa pulsione e la negazione del problema ambientale sta nel mezzo: serve la responsabilità di famiglie e imprese sul tema della transizione e un'alleanza importante con lo Stato".

Ci sono esempi di questo tipo nel nostro modello: pensiamo all'acciaio italiano, sempre più sostenibile...

"Esattamente. Le acciaierie del Nord Italia sono all'avanguardia nella sfida dell'economia circolare e del cosiddetto acciaio green prodotto non da altoforno ma col recupero del rottame attraverso fondo elettrico. Rappresentano esempi brillantissimi di industrie profondamente energivore e manifatturiere capaci di garantire performance d'avanguardia sul fronte industriale e ambientale, che dimostrano come l'impresa possa combinare il punto nobilissimo della prospettiva ambientale e della lotta ai cambiamenti climatici col mantenimento del nostro valore industriale.

Nella visita toccherete anche player come Eni e Enel, che oltre a essere attori decisivi per l'energia attuale investono anche sulla ricerca di frontiera riguardante il nucleare. Che idea ha lei sul tema?

"Nel nostro mix energetico abbiamo il dovere di mantenere il nucleare di ultima generazione, peraltro con una caratterizzazione molto interessante di centrali ridotte in dimensioni e meno rischiose, capaci di operare a intermittenza. Uno dei temi importanti nel mix energetico è quella del rischio di concorrenza tra fonti che riduca lo sviluppo di quella che si trova a soccombere, determinato dal tipo di modello produttivo. Una centrale nucleare a ciclo continuo bilancerà meno virtuosamente con le altre fonti se non potrà mai fermarsi e dovrà produrre sempre, rischiando di sottodimensionare gli investimenti altrove e di falsare il mix.

Non avrei problemi a considerare una strategia energetica e industriale che su un orizzonte decennale pensi a un nucleare di nuova generazione da inserire nel sistema italiano con cognizione di causa in un mix produttivo bilanciato".

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