Roma

«Esportiamo in Cina il modello Lazio»

nostro inviato a Pechino
«L’obiettivo primario è favorire la crescita dell’internazionalizzazione dell’economia laziale: vogliamo cercare di colmare il ritardo con cui arriviamo a un appuntamento che non era più rimandabile». Il rendez-vous è con la Cina. E le parole di Andrea Mondello, presidente di Unioncamere Lazio, riassumono così la genesi della missione congiunta - con Confindustria regionale - in corso in questi giorni a Pechino, dove le imprese laziali stanno prendendo contatto con un realtà economica con cui bisogna, bene o male, fare i conti. E, possibilmente, farli quadrare.
Ecco così che parallelamente ai workshop tra le nostre aziende e quelle con gli occhi a mandorla, e agli incontri con rappresentanti delle istituzioni cinesi, la missione di Mondello e Giancarlo Elia Valori è anche un modo per far «assaggiare» alle leve e agli ingranaggi dell’economia della nostra regione i rischi e le opportunità offerte da un concorrente della potenza della Cina. La quale da un lato turba i sogni degli imprenditori occidentali, tra manodopera a bassissimo costo e falsi a go-go, e dall’altro li ammalia con il suo immenso mercato di centinaia di milioni di consumatori e con una domanda, non solo di beni e servizi, ma di know-how e di creatività, che in futuro crescerà ancora.
Ma se la Cina è vicina, la strada che porta a Pechino è ancora tutta da asfaltare e poi percorrere per il Lazio e per l’Italia, che non ha certo nel Paese più popoloso del mondo lo stesso peso di partner storici come Francia o Germania. Valori, conoscitore profondo di questa nazione dove vivono un miliardo e 300mila persone, insiste infatti per una radicale e rapida inversione di tendenza, nel nome degli storici buoni rapporti tra i due Paesi, che veda «il modello Lazio esportato in Cina con successo: vogliamo che qui ci sia una nostra maggiore presenza, soprattutto in quei settori nei quali la nostra regione è a livelli di eccellenza, dall’hi-tech all’aerospaziale fino al commercio. E vogliamo che la Cina sia più presente in Europa, in Italia, nel Lazio». Una presenza anche fisica: tra le voci degli scambi economici già in crescita e che potrebbero essere incrementati, ricorda ancora Valori, c’è infatti il turismo, nel quale i «grandi numeri» del colosso d’Asia dicono già tutto.
La speranza è di superare in maniera proficua le perplessità, i sospetti e i timori di due soggetti - da un lato gli imprenditori di Roma e del Lazio, dall’altro quelli cinesi - che si conoscono poco. Un primo passo in questa direzione è appunto la decisione di essere qui, in questa immensa città-cantiere che cambia faccia a velocità incredibile, e che già si prepara a una nuova metamorfosi per le olimpiadi del 2008.
«Il fatto che le imprese del Lazio siano venute qui a Pechino - spiega ancora Andrea Mondello - significa cominciare a cercare le ragioni e i campi di una collaborazione tra i due Paesi». Gli incontri di questi giorni, sia a livello di istituzioni che di aziende, servono proprio a capire dove concentrare gli sforzi. Ma cercare strade comuni, prosegue il presidente dell’organismo che riunisce le Camere di commercio della regione, «significa anche imparare a competere in modo più leale». Il riferimento è ai dazi incrociati, la battaglia a colpi di muri doganali tra Ue e Cina che Mondello ritiene «non stia più in piedi in un mondo di libertà», anche se servono regole chiare, e soprattutto organismi che queste regole le facciano poi rispettare.

E loro? Gli imprenditori laziali venuti in missione, quasi tutti alla loro prima esperienza in terra cinese, restano prudenti e aspettano di vedere una strada più chiara: la Cina è vicina, ma in fondo non ancora abbastanza.

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