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AAA calciatori cercansi: Kabul si affida a un reality per ripartire dal pallone

Karzai tenta la transizione anche sul campo. Giocatori reclutati in tv per dare il via a un nuovo campionato. Boom di ascolti

AAA calciatori cercansi: Kabul si affida a un reality per ripartire dal pallone

Tra due anni l'Afghanistan dovrà imparare a camminare senza più il sostegno delle stampelle messe a disposizione dalle forze armate della Nato. Karzai pubblicamente ostenta sicurezza e approva qualsiasi iniziativa che vada oltre i meccanismi della «transizione». Ed è proprio in quest'ottica che nei giorni scorsi è stata presentata la Afghan Premier League, il campionato di calcio che prenderà il via a fine mese. Otto le squadre ai nastri di partenza in rappresentanza di altrettante regioni del paese. Non è stato permesso a nessuno dei vecchi club di partecipare alla competizione. «Abbiamo deciso di voltare pagina e di partire con tante novità - spiega il presidente della federazione Karim Keramuddin - il percorso di pace e la stabilità dell'Afghanistan devono nascere senza più concentrarsi sui soldati. Lo sport è veicolo di pace, rafforza l'unità del paese, l'orgoglio e allontana l'intolleranza». Dalle parti di Kabul non si disputava un torneo ufficiale da dieci anni. Mancava davvero tutto, dalle strutture agli stessi calciatori. Dietro la nuova Premier League ci sono importanti finanziatori locali: una compagnia telefonica, la Roshan Telecom Development, e il Gruppo Moby del magnate Saad Mohsen.
L'entusiasmo di Keramuddin è palpabile, unito forse a un pizzico di ingenuità quando sostiene di riuscire a costruire in Afghanistan con il pallone «quello che ha saputo fare Nelson Mandela con il rugby». Il riferimento va alla pellicola Invictus, storia romanzata dell'unità del Sudafrica ritrovata attraverso lo sport. Anche se sulla rotta Città del Capo-Johannesburg la palla ovale è sempre stata un ottimo collante, mentre il calcio e l'Afghanistan storicamente non godono di ottimi rapporti. Il boom degli anni Settanta venne infatti bruscamente interrotto dall'invasione sovietica del 1979.

Le otto squadre per il momento di suggestivo hanno soltanto il nome (si passa dai Falconi di Asmayee fino ad arrivare alle Aquile di Hindukush o alla Tempesta di Harirood), manca però all'appello la materia prima, ovvero i calciatori. Un problema non da poco che però la federazione è riuscita a risolvere con una trovata a dir poco geniale. Da alcuni giorni ha preso il via «Campo Verde», un reality televisivo dove migliaia di ragazzi si cimentano con il pallone tra i piedi. I migliori, selezionati da una giuria composta da ex calciatori della nazionale, verranno distribuiti negli otto club con un sistema simile al draft dell'Nba. Il reality, trasmesso in sei città tra le quali Kabul, Jalalabad e Mazar-e Sharif, sta ottenendo un successo strepitoso sia a livello di partecipanti che di telespettatori. «Stiamo facendo un'accurata selezione anche per far conoscere agli appassionati di calcio i nuovi idoli sportivi - commenta Sayed Ali Reza Aghazada, uno dei produttori dello show - questi ragazzi diventeranno famosi ancora prima di scendere in campo». La Premier League prenderà il via ufficialmente domenica 26 agosto. Quattordici le giornate previste per un totale di due mesi di competizione. «Sarà un campionato sperimentale - aggiunge Keramuddin - trasmesso in chiaro dalla tv di stato. E se tutto andrà bene riproporremo la formula nel 2013 ampliando il numero dei club».

Lo sport afghano fa i conti senza l'oste, che ovviamente ha la fisionomia inquietante dei talebani. «Il popolo afghano non perderà le conquiste ottenute. Non sono preoccupato da un ritorno dei talebani con le armi. Se torneranno grazie al processo di pace, sono i benvenuti», aveva detto Karzai qualche tempo fa. Affermazione rafforzata da un documento degli stessi talebani che si impegnerebbero a promuovere l'educazione delle donne definite come «grande risorsa della società». C'è davvero tanto buonismo nell'Afghanistan del futuro.

Troppo secondo gli osservatori occidentali che diffidano ovviamente dei talebani e continuano a temere scenari simili a quelli iracheni, dove la partenza degli alleati coincise con una recrudescenza spaventosa di attentati ed esplosioni.

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