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«Doppiate le mie frasi». Ma aderisce a una setta ultra-cristiana

«Oggi il mio nome è più famoso di quello di Julia Roberts. Ma ne avrei fatto volentieri a meno». Sulla testa della 46enne Cindy Garcia, protagonista di «The Innocence of Muslims», pende una condanna a morte da parte del mondo islamico più radicale. Lei è l'attrice della pellicola che ha innescato una polveriera, con altri incidenti che si sono verificati ieri in Indonesia, a Kabul, Teheran e Islamabad.
Qualche fotogramma e la sua vita è diventata un inferno.
«Lavoravo come baby sitter, era la mia unica fonte di reddito. In passato sono stata modella e attrice di teatro. Pensavo a questa come alla grande occasione della mia vita. Oggi sono una "dead woman walking", vivo reclusa. Dopo l'uscita del film ho ricevuto in una sola giornata più di trecento minacce di morte».
Chi l'ha contattata per il film?
«Mi ha chiamato Sam Bacile. Quando mi sono presentata per il casting ho incontrato grandi personaggi del cinema, attori, produttori e registi. Il mio avvocato mi ha vietato al momento di fare nomi».
Quindi non è stato Bacile a girare il film.
«No, lui ha scritto la sceneggiatura. Si è presentato come un copto originario dell'Egitto, ma ora ho il sospetto che sia israeliano. Diceva di voler realizzare un film per mettere in luce i lati negativi dell'islam».
Ciò significa che era a conoscenza di che cosa si stava girando.
«Certo. Ho letto il copione, conoscevo la trama, ma ho scoperto che i dialoghi sono stati in parte sostituiti in fase di doppiaggio».
A un certo punto lei dice: «Dare mia figlia di 7 anni in sposa a un uomo di 55? Questo Maometto è un molestatore di bambini».
«Io non ho parlato di pedofilia. Anzi, nella scena originale ringraziavo Dio perché la mia bambina andava in sposa a un uomo di così grande spiritualità».
La bambina di 7 anni?
«È stata truccata per l'occasione. In realtà si vede lontano un miglio che è maggiorenne. Vede, nel film si cercava di fare una sorta di parodia dell'Islam. Non immaginavo che diventasse qualcosa di blasfemo».
La pellicola definitiva quanto dura?
«Bacile diceva due ore, e che sarebbe stata completata nelle settimane successive».
Lei avrebbe preso parte in altre scene nel film?
«L'accordo era solo per quella scena. Due giorni di lavoro per 500 dollari».
Qual è ora il suo stato d'animo?
«Mi sento male per tutte quelle persone che hanno perso la vita. Ma anche perché sono stata ingannata da Bacile».
Ha avuto modo di risentirlo?
«Sì, qualche giorno fa. Mi ha detto di stare tranquilla e che si sarebbe sistemato tutto. Non gli ho creduto e l'ho denunciato alla magistratura di Los Angeles«.
Bacile le aveva accennato che si trattava di un film sull'islam.
«Però dalla parodia agli insulti c'è una certa differenza«.
Gli altri protagonisti vivono come lei blindati?
«Immagino di sì. Il problema è che nella pellicola la frase più terribile è quella che pronuncio io. Anzi, quella che si sente uscire dalle mie labbra. Doppiata con l'inganno».
Lei però è seguace della setta "Flame Of Fire Outreach Church", tra le più massimaliste di Los Angeles, antitetica alla dottrina islamica. O forse addirittura peggio.
«Non ci vedo nulla di strano. Credo in Dio e ho un rapporto diretto con Gesù Cristo.

Questo mi fa sentire in parte serena, anche se sono preoccupata per la mia famiglia e per mio marito, che amo molto».

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