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Lo scandalo 007 s'è già sgonfiato

I servizi Usa agli europei: attenti, nei file della Talpa anche le vostre spiate. E i leader Ue si ammorbidiscono...

Lo scandalo 007 s'è già sgonfiato

Attenti a scherzar con il fuoco rischiate di scottarvi. Il manco troppo celato avvertimento parte dalle pagine del Washington Post. E atterra direttamente sulle scrivanie di Francois Hollande, Angela Merkel e degli altri 35 capi di Stato pronti a indignarsi per le intrusioni dei servizi segreti americani nei loro telefoni e computer.

Dalle pagine del Post gole profonde quanto anonime ricordano agli illustri indignati che nelle mani dalla «talpa» Edward Snowden ci sarebbero anche i dossier di altre operazioni, altrettanto sporche. Come quelle messe a segno dai servizi segreti dei loro stessi paesi d'intesa con gli Usa E allora rischian d'esser dolori. Perché come spiega il pezzo «velina» pubblicato sul quotidiano più «liberal», qualche ministro, o qualche intero consiglio dei ministri straniero, potrebbe scoprire d'ignorare gli affari sporchi concordati dal proprio premier con Washington. E allora, compreso l'avvertimento, ecco la sbornia dello sdegno trasformarsi in grattacapo. Compassato e disciplinato. Non scuotono più di tanto le rivelazioni sullo spionaggio anche ai danni di Israele e Spagna (Rajoy convoca l'ambasciatore Usa, «ma non risulta che siamo spiati», dice).

Archiviata in gran fretta l'ipotesi di una rappresaglia sul fronte degli accordi per il libero scambio con Washington l'Europa s'accontenterebbe ora di concordare con Washington una sorta di codice dello spionaggio. L'idea, sostenuta dai non più tanto indignati Angela Merkel e Francois Hollande e dal presidente del parlamento Europeo Martin Shultz è la più clamorosa delle ipocrisie. «Sarebbe come concordare con i lupi le zone di pascolo delle pecore», commenta ghignando un ex 007 nostrano interpellato da Il Giornale. Ma vie di fuga migliori da vergogne peggiori non ce ne sono. L'unico a risparmiarsi condanne inutili e ambigue è David Cameron. Del resto da premier di una nazione alleata di primo livello degli Usa, sede della più grande base di Echelon, non può fare altrimenti. A sentir lui la talpa Snowden e i giornali che lo aiutano insegnano semplicemente al nemico come «evitare la nostra intelligence, la sorveglianza e le altre tecniche. Questo non rende il mondo più sicuro, ma più pericoloso. Questo significa aiutare i nostri nemici».

Una franchezza invidiatagli da Hollande e dalla Merkel. Una franchezza riconosciutagli anche dal nostro premier Letta quando ricorda che quella della talpa Snowden «non è un'attività utile e positiva… crea molti problemi e non ha gli effetti positivi di trasparenza che lui si prefigge». E sulla linea della compassata prudenza s'allinea anche il presidente della Camera Aldo Grasso quando ricorda che per ora «la legge italiana sulle intercettazioni non risulta violata». Ma il problema di Letta, Hollande e della Merkel è in fondo lo stesso. È quello d'essere premier di paesi sudditi. Paesi che da sempre delegano la propria sicurezza agli Usa. Un ottimo affare dal punto di vista economico perché consente di risparmiare le decine di miliardi (80 nel 2010 ad esempio ) investiti in questo settore da Washington. Ma affidarsi al buon cuore altrui significa anche accettare le sbirciatine di un grande alleato che dopo aver pagato il conto della sicurezza globale non rinuncia a verificare l'affidabilità dei propri alleati.

Il problema visto dalla prospettiva degli Stati Uniti è invece quello della sempre maggior autonomia assunta durante il doppio mandato di Obama dalle agenzie d'intelligence.

Le sbirciatine che durante i precedenti mandati restavano nell'ambito dei limiti politici fissati dalla Casa Bianca sono andate completamente fuori controllo. Ennesimo preoccupante sintomo dell'assai disordinata autorità esercitata da Barack Obama durante questi ultimi cinque anni.

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