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Tunisia, anatema degli islamisti contro il viagra

Il viagra sbarca in Tunisia e da martedì 4 settembre verrà distribuito in tutte le farmacie del Paese. Si tratta di una rivoluzione epocale per il Maghreb, che ha sempre guardato con scetticismo all'introduzione della famosa pillola blu anche, e soprattutto, per questioni di ordine religioso. Un buon musulmano è il prototipo della virilità e sotto le lenzuola riesce a soddisfare la partner (o più mogli) senza il sostegno di particolari alchimie. Almeno in apparenza, perché prima dell'arrivo del viagra circolavano (e circolano tutt'ora) strane pastiglie e stimolanti di provenienza cinese. Si possono facilmente acquistare nei suk tunisini, così come in quelli di buona parte del Nord Africa. Prodotti, ormai in vendita anche sulle bancarelle dei mercatini dell'Africa nera, la cui efficacia è discutibile, che danno origine a una lunga lista di controindicazioni e che in alcuni casi si sono anche dimostrati letali. Sarebbe questo il motivo per cui il ministro della salute Abdellatif Mekki ha autorizzato la scorsa primavera l'insediamento dei laboratori della Pfizer (la casa farmaceutica che produce il viagra) nei pressi di Tunisi. Secondo i dati forniti dal professor Khaled Atallah, presidente dell'ordine degli urologi della Tunisia, quello dell'impotenza sarebbe un problema tutt'altro che marginale nel Paese. Le statistiche, aggiornate al 2010, parlano di un 30% di uomini affetti da problemi di erezione. Una notizia che era stata tenuta nascosta per parecchio tempo, ma che al medesimo tempo aveva favorito la distribuzione di un prodotto locale, il Viatec, tutt'altro che adeguato nella cura delle disfunzioni erettili. In Tunisia qualcuno il Viagra, e i suoi derivanti, l'aveva comunque già sperimentato acquistandolo on line come avviene un po' in tutto il mondo. Il pacco è anonimo e non c'è neppure l'intoppo della prescrizione medica. Da martedì cambia tutto, anche se i comprensibili imbarazzi del maschio maghrebino, che come in un vecchio spot «non deve chiedere mai», potrebbero essere aggirati dalla complicità di mogli disposte a fare la fila in farmacia.
La Pfizer, che è in trattativa con il governo provvisorio libico per aprire una filiale anche a Tripoli, ma che ha ricevuto un «no grazie» dal Marocco, è convinta di aver messo le mani su un business senza precedenti, anche se il lancio del prodotto finirà inesorabilmente per scontrarsi con il radicalismo dei Fratelli musulmani. Gli islamici dell'ala più intransigente sono sul piede di guerra e promettono di occupare le farmacie della Tunisia, ma anche la sede stessa della Pfizer. Secondo il loro punto di vista non solo il viagra è figlio «di una globalizzazione che ha come obiettivo ultimo quello di intaccare i valori dell'Islam autentico e trascinarlo verso l'occidente infedele», ma sarebbe «merce volgare che copre di ridicolo l'uomo. La sessualità è un dono di Allah e non ha bisogno certamente della chimica».
Sulla questione non si è pronunciato al momento il premier Hammadi Jebali, ma è intervenuto il ministro della salute Abdellatif Mekki, spiegando che «il problema esiste e che si ripercuote sul morale degli uomini, sempre più frustrati e nervosi.

Se una medicina può salvare un matrimonio e migliorare anche le condizioni psicologiche e lavorative mi domando perché non dovrebbe entrare in commercio».

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