Europa

"Finanziava gruppi a rischio terrorismo". L'attacco del ministro francese all'Ue

Il ministro dell'Interno francese striglia le istituzioni europee contro le quali ha dovuto spendere "molta energia politica" affinché le sovvenzioni a quelle associazioni finissero

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L'Europa finanziava in Francia alcune associazioni alle quali il governo nazionale aveva tagliato i fondi - o che comunque stava sciogliendo d'autorità - perché fortemente sospettate di terrorismo. Ad affermarlo è stato il ministro dell'Interno francese, Gérald Darmanin, proprio nelle ore in cui sta salendo la tensione nel Paese transalpino a seguito dell'uccisione del professore nel liceo di Arras per mano di un ex studente radicalizzato e dopo anche i numerosi allarmi bomba risuonati a ripetizione. Questi gruppi "non rispettavano l'uguaglianza tra i sessi e consideravano il secolarismo francese un nemico", ha sottolineato Darmanin a Lussemburgo a margine del Consiglio Affari Interni, segnalando di avere dovuto impiegare "molta energia politica" perché i finanziamenti Ue a quelle associazioni cessassero. "Questa ingenuità, purtroppo, mantiene anche questo ecosistema separatista, che permette il passaggio all'azione" di chi si radicalizza, ha proseguito.

Del resto in Francia la minaccia del terrorismo si sta facendo nettamente sentire e il ministro dell'Interno risponde a tono sull'argomento, picchiando duro: "Noto che, in Belgio come in Francia, sono state due persone di nazionalità straniera a commettere gli attacchi terroristici di Arras e Bruxelles. Quindi ora dobbiamo applicare in modo molto concreto il patto sull'immigrazione, che abbiamo negoziato, per controllare le nostre frontiere. Registrare le persone ed effettuare i colloqui di sicurezza che sono preliminari a qualsiasi valutazione, in particolare per le domande di asilo". Ora si può notate come "la crisi terroristica, che dura da molti anni sul territorio europeo, colpisce tutti i Paesi - prosegue Darmanin -. Recentemente ovviamente la Francia e il Belgio. Ma anche la Svezia e tutti i Paesi occidentali ne sono colpiti. Dobbiamo continuare ad andare avanti, soprattutto per quanto riguarda il controllo delle nostre frontiere", sulla cui attuazione il ministro non ha dubbi. E ribadisce: "Il patto migratorio ha la sua importanza, in particolare per conoscere le persone che vengono sul nostro territorio, per poter effettuare colloqui di sicurezza. Per poter separare coloro che presentano rischi".

Rischi che fanno paura e che hanno trasformato l'orrore in sangue e morte: nel novembre del 2015 con gli attacchi a Parigi, quando un commando jihadista uccise 130 persone (la strage del Bataclan). Una lunga scia di sangue arrivata solo cinque giorni fa in un liceo di Arras. E martedì scorso sconfinata a Bruxelles. La minaccia della rete del terrorismo islamico stringe d'assedio il cuore dell'Europa tramite l'immigrazione clandestina. Darmanin vuole infine porre un punto molto chiaro: "Dobbiamo capire che oggi i passaggi all'atto terroristico non vengono più solo da gruppi organizzati, che arrivano dal Levante o dal Sahel o dall'Afghanistan per colpire il nostro Paese o il nostro continente. Si tratta di persone che sono sul nostro territorio – ha aggiunto il ministro –. Spesso di nazionalità straniera. O che lo sono state, e si auto-radicalizzano su Internet, ad esempio. O in contatto con associazioni che, sotto la maschera della beneficenza, sono i luoghi dove le cellule terroristiche esistono e agiscono, come abbiamo visto in diversi Paesi europei". Ecco perché, conclude, "adesso abbiamo le armi per applicare questa fermezza. Abbiamo gli strumenti, perché il coordinatore dell'intelligence e dell’Unione Europea per l'antiterrorismo fa un ottimo lavoro e ci aiuta molto.

Ora dobbiamo usare queste armi ovunque in Europa".

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