Farmaci e terapie

Svolta nella cura della sindrome di Cushing: un farmaco evita il bisturi

Un significativo miglioramento del quadro clinico si è registrato nelle persone che soffrono di questa problematica grazie a un farmaco: ecco di cosa si tratta e il parere degli esperti

Svolta nella cura della sindrome di Cushing: un farmaco evita il bisturi

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Sono migliaia i pazienti che in Italia e in Europa soffrono di questa malattia ma un nuovo farmaco promette cure migliori e senza intervento chirurgico: è la sindrome di Cushing, riconoscibile dall'arrotondamento del viso e l'aumento di peso a causa dell'eccesso di produzione di cortisolo dell'ipofisi, la più importante ghiandola che si trova nella scatola cranica.

Ecco il nuovo farmaco

Il principio attivo del farmaco è l'osilodrostat, in realtà già approvato nello scorso mese di gennaio dalla nostra Aifa e ben tre anni fa dall'Fda americana che diventa di fondamentale importanza per i pazienti che non sono idonei a subire un intervento chirurgico ma che ha le stesse capacità del bisturi riducendo i sintomi anche in misura superiore dell'80% dei casi. Di questa malattia si è parlato soprattutto nei mesi scorsi quando si ipotizzava che ne soffrisse Vladimir Putin ma poi non è più stata menzionata dall'opinione pubblica. Durante il congresso della Sie (Società italiana di Endocrinologia) è stato lanciato l'hastag #Thiscushing per sensibilizzare la conoscenza di questa sindrome.

Quali sono i sintomi

Gli esperti Sie hanno lanciato un appello affinché possa essere inserita tra le malattie rare riconosciute dal nostro Ministero della Salute. La sintomatologia di chi ne soffre è lunga e complessa perché in molti non riescono nemmeno ad alzarsi dal letto o a chinarsi per allacciare le scarpe. I sintomi più comuni, però, riguardano anche iperglicemia, ipertensione e colesterolo alto ed è importante che venga presa in tempo per migliorare le cure e la risposta del paziente: a volte le diagnosi arrivano anche dopo sette anni.

"In Italia sono i pazienti sono circa tremila, oltre 50mila in Europa, per tre quarti donne giovani fra i 20-30 anni, che hanno ricevuto la diagnosi di questa patologia rara, determinata da un eccesso dell'ormone cortisolo - ha spiegato all'Ansa Annamaria Colao, past presidente della Sie e docente ordinario di Endocrinologia all'Università di Napoli Federico - Chi ne soffre è spesso costretto a ricorrere all'intervento chirurgico, asportando il tumore all'ipofisi. In caso di insuccesso o quando il paziente non è candidabile all'intervento, è possibile passare alla terapia farmacologica".

Il miglioramento dei pazienti

Sull'argomento è intervenuto anche il prof. Gianluca Aimaretti, neoeletto presidente Sie e direttore del Dipartimento di Medicina traslazionale (Dimet) dell'università del Piemonte Orientale, spiegando che la terapia è rivolta anche "a quei pazienti per i quali l'intervento chirurgico non è indicato o non è stato risolutivo.

In base allo studio registrativo di fase III LINC-3, pubblicato su 'Lancet Diabetes & Endocrinology', il mantenimento della risposta completa, cioè la riduzione del livello di cortisolo, è stato raggiunto dall'86,1% dei pazienti e nell'81% in un successivo studio multicentrico, con un miglioramento clinicamente significativo della qualità della vita".

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