Politica

Gitanes e Gauloises, la Francia non fuma più

Un mito nazionale che va in fumo. Era il tabacco dei duri alla Jean Gabin o di filosofi e poeti come Sartre e Prevert. Il simbolo di una Parigi maledetta ed esistenzialista

Le brune francesi se ne vanno in Spagna. Crolla un mito che finisce in fumo. Dico di Gitanes e Gauloises, il gruppo francospagnolo Altadis ha tirato giù le saracinesche della ditta di Lille, dove le sigarette erano fabbricate, e ha traslocato le «brune» ad Alicante, lasciando nel sito di Nantes le «bionde» che incominciarono a essere prodotte nel 1984.
A Lille, in verità, i cittadini sono più preoccupati per il mercato delle pulci che si aprirà nel fine settimana con due milioni, dico due milioni, di visitatori, che dei quattrocentotrentacinque salariati di G & G già in prepensionamento. Scioperi e assembleee non sono serviti a nulla. Si chiude, si va, allonsenfants adieu.
Eppure questa storia appartiene non soltanto alla gente di Lille e ai francesi, non appartiene in esclusiva a Jean Paul Sartre le cui mani sporche non erano riferite al tabacco nero o a Jean Gabin che andava di pipa e di sigarette comunque e dovunque per combattere anche l’alito pesante, e nemmeno alle foglie gialle di Prevert che forse avrebbe scritto qualche poesia in meno, o ancora Serge Gainsbourg non sarebbe stato inspirato a un Je t’aime se non avesse aspirato una maledetta, puzzolentissima, pardon, una affascinante Gauloise, articolo per il popolo dei lavoratori, o una ambigua Gitane papier mais, destinata o riservata a una fascia più sofisticata, perchè Zingara e Zingaresca, appunto, con quella ballerina che danzava il flamenco e faceva sognare amori di contrabbando.
Ma è vero che quel piccolo cilindro di carta, gialla o bianca, è riuscito ad avvilupparci tutti, fumatori e non, con i suoi profumi e i suoi vapori, acri e perversi, le volute blu, come una sciarpa di seta, nei bistrot o nelle boites, tra un Pernod e un sospiro proibito, quasi un tulle bluastro del buio dei cinematografi. Perchè una generazione di soldati di Francia soltanto quelle fumavano (Gauloise caporal, anche l’etichetta era graduata), perchè bastava tirare fuori, lentamente, dalla tasca di un pantalone, stracco e vissuto da più cose, un pacchetto con la carta blu e cambiava l’aria, in tutti i sensi, perchè quelle «gros module» le più grosse di circonferenza, toste il giusto, erano un soffio pesante di tabacco vero in confronto al gusto dolciastro delle americane, un bicchiere di grappa contro un brandy. Provarono gli italiani con le Alfa o le Nazionali semplici ma non avevano la stessa storia, non godevano della stessa letteratura, non c’era un dna a spiegarne la nascita e il significato, nessuna Juliette Greco o Yves Montand a illustrarne l’effetto, la voce arrugginita, perversa. Dietro il nostro fumo, insomma, c’erano cronache minori o meno intellettuali di quelle che venivano da Parigi, tra Pigalle e il Trocadero, come accadeva con i vini e i formaggi loro, par bleu.


La fine di un’epoca può anche essere segnata da due boccate di tabacco, da una coppa di champagne, da un bicchiere di Pernod, dal profumo caldo di una baguette. La fine di un’epoca sta in una fabbrica fumante e fumata che si chiude a Lille. È la Francia. Qualcuno tirerà fuori dal pantalone il pacchetto blu, cercando l’ultima sigaretta, prima di emigrare anche con il ricordo.

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