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“Ci sono le condizioni”: il piano del governo per ribaltare la sentenza pro migranti

Matteo Piantedosi rimarca a volontà del Viminale di impugnare la sentenza del tribunale di Catania contro la liberazione di quattro migranti tunisini

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Fin dalle ore immediatamente successive alla notizia della sentenza del giudice di Catania, il Viminale ha annunciato l'intenzione di proporre un ricorso. "Ci sono le condizioni per impugnare la sentenza di Catania. Dalla lettura dell'atto siamo convinti che abbiamo ragioni da sostenere", ha detto il ministro Matteo Piantedosi parlando al termine del Comitato per l'ordine e la sicurezza presieduto a Imperia. L'azione del giudice catanese, ha sottolineato il titolare del Viminale, "di certo non frena le nostre iniziative. Cercheremo di rimpatriare attraverso le procedure accelerate che sono previste dalle leggi nazionali ed europee, il trattenimento è solo uno strumento in più per questo tipo di procedure".

In queste ore, il giudice Iolanda Apostolico è intervenuta all'Ansa: "Non voglio entrare nella polemica, né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale". Il togato di Catania ha finora ricevuto il supporto di Elly Schlein, dei colleghi e dell'Anm ma le polemiche non si fermano, soprattutto per quella che sembra essere una decisione su base ideologica.

"A Catania, con le ordinanze che non convalidano il trattenimento dei tunisini nelle procedure di frontiera, è evidente che si sia consumato un ulteriore caso di decisione politica e ideologizzata", dichiara il deputato di Fratelli d'Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione. Quindi, aggiunge: "È gravissimo il fatto che chi abbia giudicato il caso sia persona che abbia manifestato sui social, poi chiusi ad orologeria, convinzioni politiche contro Salvini e a favore delle politiche immigrazioniste delle Ong".

Il deputato della Lega Igor Iezzi rimarca: "Non convalidare un fermo di quattro irregolari, di cui due recidivi, non è altro che un assurdo atto di politica portato avanti da chi, come magistrato, è chiamato ad agire nell'alveo della legge Italiana. Quanto accaduto a Catania è gravissimo, un attacco al governo condotto utilizzando il proprio ruolo per creare ingerenze. Inaccettabile". Fabrizio Cecchetti, dello stesso partito, aggiunge: "Chi fa il magistrato non può fare politica, meno che mai con il proprio lavoro all'interno delle aule di tribunale nel nostro Paese.

Un episodio che, anche dopo le chat di Palamara, non fa altro che rafforzare la necessità di una riforma della giustizia che preveda una separazione netta delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati che sbagliano".

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