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Mosca accusa Kiev, Londra e Usa. Ma Lukashenko smentisce Putin

Il Cremlino continua a incolpare l’Ucraina e l’Occidente per l’attentato. Il leader bielorusso fa crollare il castello di bugie: "I terroristi stavano fuggendo qui"

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La prima regola per raccontare una bugia che coinvolge più soggetti è che tutti riportino la stessa versione. Putin ha dettato la linea. Il falco Medvedev e il portavoce Peskov l’hanno seguita pedissequamente. Il capo del Consiglio di Sicurezza nazionale Nikolai Patrushev ha rafforzato il concetto. I propagandisti sparsi qua e là hanno cavalcato e diffuso la fake news. Ma poi arriva il presidente bielorusso Lukashenko, più che fedele alleato dello Zar quasi uno scendiletto, che con una sola dichiarazione rischia di mandare all’aria la narrazione per cui dietro l’attentato di Mosca ci sia la mano Ucraina, ma probabilmente anche quella di Stati Uniti e Regno Unito. «I terroristi responsabili dell’attacco al teatro di Mosca in un primo momento avevano tentato di fuggire in Bielorussia».

Come, non in Ucraina? Non c’era una finestra aperta apposta per loro dietro uno dei confini più blindati e sorvegliati che esistano? Non li stavano aspettando come eroi? Ed ecco che il castello di bugie così minuziosamente costruito, inizia a sgretolarsi.

Eppure l’impegno dalle parti del Cremlino è massimo per diffondere e difendere la tesi delle responsabilità ucraine, nonostante rivendicazioni, filmati e prove varie fornite dall’Isis. Dopo l’accusa di Putin, ecco che Patrushev rilancia: «Ovviamente è l’Ucraina». Il direttore dei servizi segreti russi Alexander Bortnikov va anche oltre.

«Sono stati addestrati da Kiev in Medio Oriente ma risulta un coinvolgimento degli Usa e della Gran Bretagna nell’attacco», ovviamente senza fornire alcuna prova a riguardo. Ma tanto basta per minacciare vendette in serie, soprattutto verso Kiev, con il capo dei servizi ucraini Kirylo Budanov inserito nella lista degli obiettivi legittimi per terrorismo. Per rafforzare la propria tesi, ecco come previsto le confessioni degli arrestati per la strage al Crocus City Hall. Dopo pestaggi, mutilazioni e torture varie, lo stesso Bortnikov riferisce che «le prime informazioni ricevute dalle persone detenute confermano la traccia ucraina.

Affineremo ulteriormente le informazioni ma per ora c’è motivo di dire che è proprio così». Ma guarda un po’, nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Prevedibile la replica ucraina, con il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak che attacca: «Dopo la menzogna di Putin ora le menzogne vengono ufficialmente diffuse da Patrushev e poi dal capo dell’Fsb Bortnikov. Perché questa manifestazione dimostrativa di inadeguatezza collettiva? Ci sono fatti inconfutabili, comprensione comune delle cause e delle conseguenze», ha detto. Forte la presa di posizione anche della Nato con un portavoce che parla di «ipotesi ridicole. Non è stata presentata alcuna prova: si tratta di un altro esempio della disinformazione del Cremlino». Duro anche il nostro ministro degli Esteri Tajani secondo cui le accuse russe «sono palesemente infondate, è fantascienza».

Quel che è emerge senza dubbio, è la falla clamorosa nei sistemi di sicurezza interni russi, motivo ulteriore per cui Putin e il suo apparato stanno cercando di accusare Ucraina e Occidente. Ma non solo. Due dei terroristi Shamsidin Fariduni e Saidakram Rajabalizoda, sarebbero arrivati in Russia dalla Turchia, il Paese dell’amico Erdogan, contro cui ovviamente Putin non può rivalersi. Stesso atteggiamento forzato per quanto riguarda il Tagikistan, nazione di origine dei miliziani, e tutta quella serie di Paesi del pronfndo Est russo, dove in tanti sono stati forzati all’arruolamento nell’esercito in questi due annidi guerra in Ucraina. Come potrebbe il Cremlino attaccare gli stessi che combattono per loro sul campo? E difficilmente la macchina bellica russa potrebbe sopportare l’apertura di un secondo fronte. Senza contare i crescenti malumori tra i cittadini russi. Il tacito accordo per cui «tu fai la tua guerra ma lasciaci al sicuro in casa nostra» è venuto meno, con il cuore della capitale colpito così duramente, contribuendo a seminare dubbi e paure.

Proprio quelli che, tra bugie e repressione, un regime non può e non vuole tollerare.

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