Guerra in Israele

Navi, caccia e migliaia di soldati: così il Pentagono blinda Israele

Lo schieramento Usa prevede due portaerei nel Mediterraneo orientale e uomini e mezzi dal Golfo Persico alla Siria fino alla Giordania. Un monito ai nemici di Israele, ma anche ai rivali strategici americani

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Gli Stati Uniti hanno messo in chiaro da subito la loro piena solidarietà con Israele. Un asse che si è palesato non solo sul piano politico, con i viaggi del segretario di Stato Anthony Blinken e con il prossimo arrivo del presidente Joe Biden, ma anche dal punto di vista militare.

L'America ha "chiuso" il Medio Oriente, e in particolare Israele, sotto un ombrello fatto di mezzi navali, aerei e uomini. Migliaia di uomini nelle basi disseminate nella regione ma anche imbarcati nel gruppo d'attacco della portaerei Uss Gerald Ford e della Dwight D. Eisenhower, e sulle navi che solcano le acque intorno alla Penisola araba. Due in particolare sono al momento attenzionate dagli osservatori, lo Uss Bataan e lo Uss Carter Hall: la prima una nave da sbarco anfibio, la seconda una nave da trasporto, sembra anfibia, e che dal Golfo Persico hanno preso la rotta del Mar Mediterraneo orientale. Le due navi avevano solcato lo stretto di Suez nelle scorse settimane per rafforzare la presenza Usa nella regione dello stretto di Hormuz, sempre in funzione di deterrenza contro l'Iran. Ora però il loro impiego sembra destinato a cambiare e qualcuno suggerisce che queste unità possano essere utilizzate anche come eventuale via di fuga per l'evacuazione dei civili o dei cittadini americani.

L'obiettivo di Washington è in questo momento duplice. Da una parte mostrare che l'alleanza con Israele non è solo diplomatica, ma anche bellica. La fornitura di armi e ordigni per sostenere lo forzo militare dello Stato ebraico è stata garantita da tutti i vertici dell'amministrazione Biden, anche dallo stesso capo del Pentagono Lloyd Austin. A questa si aggiunge però l’altra funzione di questo dispiegamento: la deterrenza. Cercare di far capire all'Iran e alle milizie a esso collegate, in particolare Hezbollah nel sud del Libano, che gli Stati Uniti ci sono anche fisicamente, con un dispiegamento di forze senza precedenti. A conferma che la situazione di tensione riguarda una scacchiera strategica dove si incrociano interessi geopolitici molto ampi.

Con i caccia F-15, F-16 e F-35 e con gli aerei A10, il Pentagono ha costituito un raggio d'azione che va dal Mediterraneo orientale fino a lambire il territorio iraniano. Hanno uomini in Giordania, in Siria e nel Golfo Persico, tutti sotto il comando di Centcom. A nord c'è sempre la Turchia, alleato incerto ma sempre parte della Nato. Mentre possono fare affidamento anche sul partner britannico, la cui special relationship è sempre particolarmente utile quando si tratta di dispiegare uomini e mezzi nella regione mediterranea e mediorientale. L'obiettivo è evitare che Hezbollah faccia passi falsi in grado di innescare un conflitto di ampia portata, ma anche mostrare al mondo la capacità Usa di dispiegare un gran numero di uomini e mezzi in poco tempo e in un'area diventata faglia strategia tra molte aree di influenza.

Un messaggio che arriva non solo a Israele, ma anche ai suoi nemici e ai rivali di Washington: in particolare Mosca e Pechino.

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