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Gli Usa con la Guyana. Così Maduro va verso un'altra guerra globale

Dopo il referendum per l’annessione, il dittatore del Venezuela rischia grosso. Ma tira dritto per il petrolio

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San Paolo Soffiano sempre più forti i venti di guerra dopo il referendum indetto domenica scorsa dal dittatore del Venezuela Nicolás Maduro per annettere l’Esequibo, territorio conteso che appartiene alla Guyana e ricchissimo di petrolio. «Il referendum è un appello a stringersi attorno alla bandiera, il più antico trucco nel manuale del tiranno su cosa fare quando le cose vanno male», ha scritto con acume il Wall Street Journal. E che le cose vadano male in Venezuela lo testimoniano gli oltre 8 milioni di disperati, quasi un terzo della popolazione, che da quando nel 2013 Maduro comanda sono fuggiti all’estero.

Il delfino di Chávez sta conducendo un’azione nazionalista che ricorda l’invasione delle Isole Falkland da parte della dittatura argentina nel 1982. All’epoca il dittatore alcolizzato Leopoldo Gualtieri mise alla prova Margaret Thatcher, proprio come Maduro sta facendo oggi con Joe Biden. La reazione della Lady di Ferro fu come noto una guerra che, oltre a riconquistare l’arcipelago, accelerò il crollo del regime di Buenos Aires.

Se Maduro decidesse che la «sesta fase per la riconquista della Guyana Esequiba» annunciata domenica scorsa sarà davvero l’annessione, difficile prevedere che cosa farà Washington: l’Esequibo non è statunitense mentre le Falkland erano britanniche e Biden non è la Thatcher.

Di sicuro, però, il presidente del Venezuela ha già implementato nelle ultime ore una sfilza di «azioni immediate» che aumentano le possibilità di un conflitto. In primis, ha creato un Alto Commissariato per la Difesa della Guayana Esequiba, guidato da Delcy Rodríguez. Poi ha consegnato una nuova Legge Organica per la Difesa della Guayana Esequiba a Jorge Rodríguez, il fratello di Delcy, affinché il Parlamento chavista che lui presiede la approvasse (già fatto ieri) e che dovrebbe essere implementata da mercoledì prossimo. Maduro ha dato ordine di stampare «immediatamente» nuove mappe del Venezuela da affiggere in tutte le scuole, uffici pubblici ed università. Inoltre, chiunque pubblichi da oggi anche solo un innocente meme online con una mappa del Venezuela senza l’Esequibo rischia una multa tra i 1.000 ed i 100mila dollari. Già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della dittatura anche la nuova Zona Operativa di Difesa Globale dell’Esequibo, che dipende militarmente dalla «Regione Strategica di Difesa Globale Guayana» di Tumeremo, nello stato di Bolivar. Nominato come autorità unica del territorio da annettere il maggiore generale Alexis Rodríguez Cabello, cugino del numero due del regime Diosdado Cabello, ricercato negli Usa per narcotraffico (taglia 10 milioni di euro). Soprattutto Maduro ha già concesso «licenze» alla petrolifera statale PDVSA e alla Corporacion Venezolana de Guayana, un conglomerato metallurgico pubblico venezuelano per lo sfruttamento di petrolio, l’estrazione di gas, oro e diamanti nell’Esequibo, da dove il dittatore ha dato un ultimatum di tre mesi alle compagnie petrolifere straniere già operanti nella regione, Exxon Mobil in primis, affinché se ne vadano.

La risposta della Guyana è stata immediata perché «Maduro è un leader dispotico, e i leader dispotici sono difficili da prevedere», ha detto il ministro degli Esteri, Hugh Hilton Todd. Per questo il presidente Mohamed Irfaan Ali ha prima contattato il consiglio di sicurezza dell’ONU che oggi affronterà la crisi a porte chiuse e poi ha chiamato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Quest’ultimo ha espresso il «sostegno incondizionato» di Washington alla sovranità del suo Paese. Infine, ieri la minuscola forza di difesa della Guyana (in tutto 6 blindati e una manciata di aerei ed elicotteri, uno dei quali scomparso l’altroieri nell’Esequibo, forse per il maltempo), ha condotto un esercitazione con il Comando Sud degli Stati Uniti.

Immediata la reazione di Maduro, che ha definito «una provocazione di Georgetown chiamare gli Usa, una minaccia per la pace».

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