Guerra

"Errore di valutazione": la rivelazione dietro l'attacco conto militari Usa

Un nuovo attacco alle forze Usa, questa volta nella Siria orientale. Sull'attacco di ieri un terribile "errore di valutazione", costato la vita a tre militari americani e oltre 40 feriti

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Tra Iran e Stati Uniti è ormai guerra aperta, sebbene in territorio terzo rispetto a Washington e Teheran. Dopo l'attacco di ieri sul confine tra Siria e Giordania, che ha ucciso tre soldati americani, è stata attaccata la base statunitense situata nei pressi del giacimento petrolifero di al-Omar, nella provincia di Deir Ezzor, nella Siria orientale. Diversi razzi sono stati lanciati contro le forze degli Stati Uniti e della coalizione anche a Patrol Base Shaddadi, sempre in Siria. Nessun ferito riportato e nessun danno alle infrastrutture: lo ha detto un funzionario della difesa degli Stati Uniti a condizione di anonimato, riferendosi a un'installazione nel nord-est della Siria.

Nel frattempo, il Dipartimento della Difesa Usa ha diffuso i nomi dei soldati statunitensi uccisi: si tratta del Sergente William Rivers, 46 anni di Carrollton, Georgia; dello Specialista Kennedy Sanders, 24 anni di Waycross, Georgia; della Specialista Breonna Moffett, 23 anni, di Savannah, Georgia. Erano tutti assegnati alla 718th Engineer Company, un'unità della riserva dell'esercito americano con sede a Fort Moore, in Georgia, secondo il vice segretario stampa del Pentagono Sabrina Singh. Secondo il Dipartimento della Difesa, i militari rimasti feriti nell'attacco sarebbero più di 40, un numero che potrebbe continuare ad aumentare. "Ci aspettiamo che quel numero continui a fluttuare", ha detto la vicesegretaria stampa del Pentagono Sabrina Singh.

L'errore di valutazione ad al-Tanf

Quanto a ieri, con il passare delle ore giungono nuovi dettagli sull'attacco al confine tra Giordania e Siria per un errore di valutazione: i militari pensavano che fosse statunitense. Lo riporta il Wall Street Journal, che cita fonti americane. L'errore sarebbe scaturito dal fatto che, nello stesso momento in cui è stato avvistato il drone lanciato dalle milizie sostenute dall'Iran (secondo il Pentagono), ve ne era un secondo, americano, atteso al rientro. Questo ha generato confusione su quale dei due droni fosse una minaccia.

Un funzionario della Difesa Usa, intanto, ha affermato che gli Stati Uniti non hanno ancora trovato prove del coinvolgimento diretto dell'Iran nell'attacco. Una situazione sempre più complessa, tanto da indurre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden a riunire i membri del team di sicurezza nazionale "per discutere degli ultimi sviluppi riguardanti l'attacco contro i militari americani nel nordest della Giordania, nei pressi del confine con la Siria". Lo fa sapere la Casa Bianca, secondo cui all'incontro erano presenti tra gli altri il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, il segretario alla Difesa, Lloyd J. Austin, il direttore dell'Intelligence nazionale, Avril Haines, e il coordinatore per il Medio Oriente Brett McGurk.

I sospetti sul gruppo Katàib Hezbollah

L'attacco di ieri era stato inizialmente localizzato in Giordania, tuttavia erano state le forze di Amman a chiarire l'esatta localizzazione della "Torre 22", teatro dell'attacco mortale. Gli Stati Uniti stanno ancora lavorando per stabilire quale gruppo sia specificatamente responsabile dell'attacco, come ha riferito alla Cnn il portavoce del consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby. "Credo che abbiamo un'idea abbastanza chiara - ha poi aggiunto - e certamente crediamo che il gruppo sia sostenuto da Katàib Hezbollah, che è uno dei principali gruppi sostenuti dai Guardiani della Rivoluzione iraniani in Iraq e Siria che stanno conducendo così tanti attacchi contro le nostre truppe nelle nostre strutture". "Questo ha avuto conseguenze in modo che quelli in precedenza non hanno avuto, ma questo non significa che l'intento che degli attacchi preventivi non erano letali, è solo che siamo stati in grado di contrastarli", ha concluso Kirby.

In attesa di una risposta da Washington

Al momento, non vi è ancora chiarezza sulle risposte che potrebbero giungere dalla Difesa Usa, in merito alla sequela di attacchi alle basi e alle forze Usa. Dal Pentagono, nonostante la rivendicazione della sedicente Resistenza islamica in Iraq, non vi è alcun dubbio: gli attacchi si collocano nella strategia di pressione che Teheran sta portando avanti attraverso i suoi proxy.

Dopo aver annunciato che ci sarà una risposta all'attacco in cui sono rimasti uccisi i tre militari, Biden starebbe ancora valutando una serie di opzioni. Ieri, dopo l'incontro con il team di sicurezza nazionale, si è riservato ulteriore spazio per prendere la decisione.

L'obbiettivo resta quello di mettere in sicurezza le forze americane nei teatri caldi, ma soprattutto di evitare la guerra aperta e dichiarata con Teheran, sulla quale l'intelligence Usa non ha più dubbi: le forze iraniane forniscono risorse, a volte equipaggiamento, informazioni che permettono a questi gruppi di agire.

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