Cultura e Spettacoli

«I ’60? Un’impresa per costruire sogni»

Il suo hit «Bandiera gialla» è presente in 96 compilation

«I ’60? Un’impresa per costruire sogni»

Antonio Lodetti

da Milano

«Io amavo il rock, le canzoni di Elvis e Barry McGuire o I Put a Spell On You di Screamin’ Jay Hawkins. Quando mi proposero di cantare Bandiera gialla ero perplesso, mi sembrava un brano banale. Andammo ad incidere nei mitici studi milanesi della Jolly d’estate, con le finestre aperte; quando uscimmo i muratori che lavoravano lì fuori e alcuni ragazzini che giocavano lì in giro canticchiavano “finché vedrai sventolar Bandiera gialla” e il produttore mi disse: “questa è la prova che sarà un successo”». Gianni Pettenati, cantante beat ed oggi scrittore e titolare di una libreria di culto, racconta così la nascita di Bandiera gialla, uno dei tormentoni estivi più famosi e blasonati.
Ormai la sua canzone è un simbolo.
«Neppure io riesco a spiegarmi perché. Quando andava in onda l’omonimo programma radiofonico - che io definivo vietato ai maggiori di 18 anni - vinse persino il testa a testa con Yesterday dei Beatles. Tra i giovani che quel giorno votarono per me con la paletta c’erano Renato Zero, Magalli, la Bonaccorti e la Bertè. A distanza di quarant’anni, sabato scorso su Raiuno, a 50 canzonissime dell’estate, è stato un trionfo. Ci fosse stato l’applausometro avrei vinto per acclamazione».
Come ricorda quegli anni?
«Come un’impresa di costruzione di sogni. Gli anni Cinquanta non sono stati molto allegri, si usciva a fatica dalla guerra. Poi arrivarono Elvis, Jerry Lee Lewis e Little Richard che segnarono lo spartiacque rispetto alle canzoncine di Consolini e Tajoli».
E i vari Frank Sinatra e Perry Como non le piacevano?
«Certo, amavo canzoni come Moon River e Speedy Gonzales che erano moderne e avevano il profumo dell’America, ma erano ancora canzoni per adulti. Elvis invece era un ragazzo come noi».
E come iniziò a cantare?
«Un po’ per ribellione, un po’ per divertimento, un po’ per beccare le ragazze. A Cadenabbia, sul lago di Como, negli anni Sessanta mi sentivo un re. Guadagnavo 5mila lire a sera, mi divertivo, ero libero, leggevo Hemingway e Scott Fitzgerald. Poi la nostra base diventò la riviera romagnola. Lì nel ’61 la sera io cantavo allo Chez Vous di Bellaria e Morandi al Nuovo Fiore, e di giorno giocavamo a pallone».
Cosa vuol dire per lei Bandiera gialla?
«Ogni volta che la canto la gente riscopre un mondo scomparso. Il singolo ha venduto milioni di copie ed è uscito in 96 compilation.

Il rovescio della medaglia? Il pubblico purtroppo o per fortuna mi vede come una macchina d’epoca».

Commenti