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"I colleghi dicevano: è brava suona come un uomo"

È la più famosa pianista jazz d'Italia: "Una volta le donne suonavano solo musica classica. Io no. Ma non sono mai stata femminista"

"I colleghi dicevano: è brava suona come un uomo"

È sempre con la valigia in mano. Concerti in tutto il mondo, dischi da incidere, nuovi progetti. Lei è la pianista e compositrice Rita Marcotulli, 62 anni. Una sfilza di collaborazioni da paura: ha suonato con star del calibro di Pat Metheny, Pino Daniele ed Enrico Rava. «Dove sono diretta? - fa eco al telefono - Adesso sto andando in Sardegna». Sempre con la valigia in mano, appunto. Il grande pubblico l'ha vista a Sanremo come ospite di Max Gazzè in gara con il brano «La leggenda di Cristalda e Pizzomunno».

Rita Marcotulli, pioniera del piano jazz al femminile in Italia, la più famosa.

«Quando ho iniziato io il jazz forse in Italia non era una musica femminile, culturalmente parlando, le donne studiavano musica classica, ora la situazione è diversa».

Come rappresentante del gentil sesso, nel suo ambiente, ha avuto problemi?

«Tra i colleghi all'inizio c'era sempre un po' di dubbio, magari pensavano suonerà bene o suonerà male?. Alla fine, arrivava il complimento è brava, suona come un uomo».

Come reagiva? È stata o è femminista?

«I miei esordi sono stati verso la fine degli anni Settanta e allora non lo ero. Comunque mi sentivo libera di pensare e decidere della mia vita. Pari opportunità, non amo gli estremi. Mai detto io sono mia».

Casi di «Me too» dietro le quinte?

«C'erano quelli che ci provavano, corteggiamenti; una donna fra tanti uomini, ovvio. Ma non ho mai avuto provocazioni spiacevoli. Qualcuno magari pensava che ero lì, nel gruppo, perché avevo una relazione».

Inizi, immagino, difficili...

«Ero giovanissima, 17 anni. Ho cominciato presto, a cinque già sul piano, che ho studiato al Conservatorio. A casa mia si respirava musica. Mio padre era un ingegnere del suono, ha lavorato con Nino Rota, Ennio Morricone e Armando Trovajoli».

I suoi genitori, la sua famiglia?

«Mia sorella, Carla, è musicista. Mia madre Anna ha 87 anni, poi mio padre Sergio, belle persone. Quando si sono separati c'è stata sofferenza. Papà mi ha lasciato la passione per la musica. Mamma è una donna esplosiva. Da lei ho preso l'allegria e la gioia per la vita: la mia casa è sempre piena di gente».

Che ricordi ha?

«Ricordo la metà degli anni Settanta, appunto, periodo vicino alle influenze del '68. Giorni meravigliosi, con molta partecipazione. C'era grande creatività, in qualsiasi cosa. Seguivo molto il cinema, Pasolini e Fellini».

È stata sulle «barricate»?

«Raramente sono andata a una manifestazione. Però penso che le battaglie fatte in quel periodo siano state importanti; divorzio e aborto, le lotte per l'uguaglianza tra le persone».

Nessuna critica?

«Non mi diceva niente il 6 politico. Un'assurdità soprattutto in studi come la Medicina, dove poi hai responsabilità enormi che devi essere in grado di gestire».

Come tutti i ragazzi avrà avuto miti...

«Picasso e la sua pittura, non solo per i quadri ma in generale per la sua genialità. Anche lo scrittore e poeta portoghese Fernando Pessoa. Da piccola mi aveva colpita il romanzo Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcia Màrquez. Pure gli scrittori brasiliani, come Jorge Amado».

Politica?

«Non mi piacciono le dittature di qualsiasi colore e tipo. Sono per ama il tuo prossimo come te stesso e chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra. Insegnamenti che vanno sempre bene».

Le esperienze di formazione...

«Sicuramente i viaggi, e viaggio ancora molto. Con l'esperienza che ho adesso penso che bisogna vivere il presente e goderselo, la vita è un viaggio a termine, che va affrontato con amore e condivisione. Ed è fondamentale esplorare per incontrare e capire le altre culture, le varietà. Dover ritornerei? Soprattutto nei luoghi dove c'è una natura forte».

I libri sono importanti?

«Assolutamente. Sull'isola mi porterei Quaderni di un mammifero di Erik Satie, Il misticismo del suono diHazrat Inayat Khan, poi romanzi di Marcel Proust».

Le relazioni umane?

«Certi incontri sono straordinari. Mi ha lasciato molto quello con il regista tedesco Wim Wenders, in Emilia Romagna, durante un'iniziativa a lui dedicata. Apprezzò la mia musica, era con sua moglie; mi invitò a passare la serata a bere e a conversare con loro. Ero emozionatissima».

Negli anni degli studi, oltre alle note, non aveva un piano B?

«Senza musica non potrei vivere, però mi piacciono pure le case, l'arredamento. Forse avrei potuto fare l'architetto, lavori creativi che hanno a che fare con la bellezza».

Ha dovuto fare rinunce per il pianoforte?

«Da ragazzina dovevo stare a casa a studiare, studiare e studiare, vedevo pochi amici. Poi i viaggi che mi hanno tenuta lontana dalla famiglia».

A un certo punto sarà arrivata l'«occasione d'oro...».

«Il battesimo è stato in un gruppo con il noto musicista brasiliano Ivanir do Nascimento, noto come Mandrake».

Le collaborazioni che ricorda più volentieri?

«Con il batterista Billy Cobham, con cui ho fatto tour e sono stata in tutto il mondo. Poi con il sassofonista Redman e ancora, tanti musicisti della Scandinavia, dove ho vissuto per sei anni; penso al contrabbassista Palle Danielsson».

Chissà quanti fan o persone che la seguono...

«So che ci sono attori. Amanda Sandrelli e Chiara Caselli sono amiche; avendo registrato con Rocco Papaleo, anche lui, poi Sonia Bergamasco. Mi conosce Walter Veltroni, che ama la musica. Ai miei concerti veniva l'attore Alessandro Preziosi, il critico musicale Stefano Benni, con lui c'è un progetto in corso».

Non solo concerti, anche vita privata: difficile conciliare?

«Sono stata spesso lontana da casa, e con una figlia (Elettra, ndr), beh insomma... Adesso lei ha venti anni. Mio marito Pasquale Minieri è un produttore e quindi capisce. Un compagno e papà straordinario, ha persino costruito lo studio di registrazione in casa per stare con Elettra. Ha fatto un po' la mamma».

E lei, la piccola, non ha protestato?

«L'importante in questi casi, in vite così, è la qualità del rapporto. Povera figlia, a volte le mancavo. Da bambina disegnava la mamma con la valigia in mano e il papà che faceva la spesa».

Ora che cosa vorrebbe dire a sua figlia?

«Lo ripeto sempre: è la più bella musica che io abbia mai scritto, la più bella musica della mia vita. Un dono speciale. Con i figli è così, si capisce l'amore».

La ragazza ha un nome non comune...

«La volevo chiamare Chiara ma sia io sia mio marito siamo scuri, lei ha dei bellissimi occhi azzurri. Quando ho sentito che la figlia di Isabella Rossellini si chiama Elettra, ci è piaciuto, e l'abbiamo anche noi chiamata così».

Studia musica sicuramente, ma il jazz è «un osso duro», o no?

«Il jazz è una delle musiche più libere, una musica che rompe gli schemi. A un bambino, per spiegarglielo, proporrei di giocare con la tastiera, come facevo io da piccola».

Come non musicista e come madre come si descrive?

«Sono semplice. Una persona che quando torna a casa vuole condividere la vita con la famiglia, con gli altri. La mia casa è sempre piena di amici».

Le vogliono tutti bene...

«Cerco sempre di mettermi sempre in discussione, di essere aperta agli altri, di non sentirmi sempre dalla parte della ragione. A volte però posso essere molto dura; se c'è qualcosa che non mi va, lo dico subito».

Sogni e progetti

«Il sogno è quello che sto vivendo adesso. La mia vita è come la desidero. Per i progetti, lo spettacolo multimediale su Caravaggio, un viaggio nella sua arte con sette musicisti da tutto il mondo, sui cui è stato fatto un grandissimo lavoro».

Successi e fallimenti?

«Tra i successi che mi hanno lasciato molto, i concerti con Pat Metheny e Pino Daniele. Nella vita privata, lo ripeto, mia figlia. Piuttosto che di fallimenti, parlerei, e mi riferisco all'inizio della mia attività, di contatti con personaggi poco raccomandabili».

Storie a lieto fine?

«Quando ero piccola mi hanno rubato il pianoforte chiedendomi un riscatto. Alla fine il piano è saltato fuori. Un'esperienza davvero brutta che, in qualche modo, si è risolta».

La sua vita è come un film...

«Su questo non c'è dubbio. Non a caso mi piacciono e scrivo le colonne sonore (ride divertita, ndr)».

Qualche esempio.

«I bellissimi ricordi di quando ho lavorato per il film Basilicata coast to coast, regia di Rocco Papaleo. Abbiamo avuto dei bei riconoscimenti. Con Rocco ho fatto altri lavori».

La pellicola «racconta» anche una regione, un pezzo d'Italia: a proposito, come siamo messi?

«Emergenza sanitaria a parte, dove andremo a finire da un punto di vista politico, non si riesce bene a capire. Certo, l'Italia è sempre stata così. Lo diceva anche Benigni. Ci sono sempre note comiche. Ma credo che, con tutte le nostre contraddizioni, siamo un Paese eccezionale».

E le emergenze?

«Per quanto riguarda le immigrazioni, certamente non sono per far morire le persone in mare. Gli esseri umani vanno rispettati e aiutati, tutti».

Poi?

«C'è il discorso del clima, una situazione preoccupante. E non mi sembra che nessuno stia affrontando i problemi in maniera efficace. Greta e quelli come lei? Beh, magari suo papà... Ma sono loro, i giovani, che devono, dovranno difendere questo nostro pianeta».

La cultura.

«Vedo come è stata gestita durante la pandemia. I teatri, posti dove avrebbero fatto di tutto per rispettare le regole, potevano essere considerati diversamente. L'arte va trattata meglio, è la medicina dell'anima».

Rispetto a quando era ragazza, i giovani qui che cosa trovano (o non trovano)?

«C'era più cultura, negli anni Settanta e Ottanta. Sono state perse delle cose. In quel periodo ci sono stati grandi intellettuali. Ma non mi piangerei addosso. I tempi cambiano. Siamo noi a fare la storia».

E le donne?

«Già da un bel po' non fanno più solo le mogli e le mamme, si possono finalmente realizzare. Ognuno deve poter trovare la propria identità, potersi esprimere. In Italia però la donna era, è in una situazione diversa».

In altri luoghi?

«Ho vissuto, lavorato e suonato in Scandinavia, in Svezia, a Goteborg. Le donne erano più emancipate già da prima, anche in Inghilterra. Negli anni Settanta facevano i conducenti e i controllori sugli autobus, impensabile qui da noi».

Le situazioni cambiano, e comunque «casa dolce casa»...

«Si, le cose evolvono, devono cambiare in meglio. A un certo punto sono tornata qui. Abito al confine tra Lazio e Umbria, in campagna. Quando sono a casa mi piace cucinare, soprattutto pesce, spaghetti e melanzane. Ogni tanto prendo l'aperitivo con le amiche. Mi piace la moda, Prada. Lo shopping lo faccio quando sono via, è il bello di andare in tournée con le musiciste».

Dagli abiti alla spiritualità.

«Spiritualità è riuscire a connettersi con la parte più profonda di noi. Mi piace la figura di Gesù, come dicevo, mi sento vicina pure al buddismo. Dio è anche musica».

Come vuole essere considerata o ricordata?

«Per quello che sono riuscita a dare».

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