Con i compensi delle star si potrebbe salvare il patrimonio artistico

Vittorio Sgarbi

Nessun dubbio che la televisione occupi uno spazio centrale, non solo nelle abitudini quotidiane ma anche nella elaborazione di conoscenze altrimenti precluse o evitate e della formazione stessa della cultura di un popolo, con fenomeni strani di amplificazione degli effetti di tipo calcistico o canoro tali da far identificare una nazione, e per esempio la nostra, anche in Paesi lontani, con i nomi di calciatori e di cantanti: da Totti a Del Piero, da Ramazzotti a Zucchero.In questo gli effetti della televisione hanno superato e sostituito quelli del cinema, le cui ambizioni sono naturalmente universali e transnazionali. La televisione, per converso, ha un prevalente obiettivo nazional-popolare, con effetti imprevisti e debordanti, come quelli sopra ricordati. Ma, nonostante questa considerazione e, per quel che mi riguarda, anche con la partecipazione attiva e convinta alla costruzione di un patrimonio non solo di informazione, ma di idee, attraverso la televisione, da tempo assisto con crescente sorpresa, allo scialo di denaro per arruolare in una rete o nell'altra, anzi in un polo o nell'altro, personaggi televisivi naturalmente mercenari e improvvidamente sopravvalutati, per effetto dei risultati di ascolto spesso determinati non da qualità personali o individuali ma dalla efficacia di un format. È il caso, prima annunciato, con perfetta consapevolezza, da Marco Bassetti di Endemol, del programma Affari tuoi il cui successo fu esclusivamente attribuito a Paolo Bonolis. Oggi che il Pupo con il medesimo format, lo supera, Aldo Grasso può compiacersi di scrivere, fingendo anche il proprio errore: «C'eravamo sbagliati. Qui mi sa che il vero pacco è quello che la Rai sta rifilando a Mediaset e che ha anche un nome, Paolo Bonolis».
Per non essere sostituibile il Bonolis ha ottenuto da Mediaset un contratto quadriennale che sulla carta è indicato come di 32 milioni di euro, ma che fonti ufficiose rilevano ben più oneroso e insolente. Resta che l'irragionevole esaltazione per il sopravvalutato conduttore ha fatto ignorare la constatazione che il format Affari tuoi ha successo in tutto il mondo. Ecco, un esempio non solo di compiaciuta soddisfazione dei critici che vedono nel fallimento di un personaggio la realizzazione di una loro più o meno confessata aspettativa, ma di dissennato spreco di denaro, pubblico o privato non importa. Osservo infatti, continuando a non rinnegare la centralità della televisione nella cultura di un popolo, che una nazione come l'Italia, il cui sterminato patrimonio spesso non ha adeguata manutenzione o soccorso, potrebbe senza difficoltà provvedervi con la metà dei soldi dati a personaggi televisivi, di valore e spessore incerto, di cui Bonolis è il campione. Per produrre programmi spesso indecorosi o che un Pupo basta a sostenere con un modesto cachet. Non è moralismo. La cifra complessiva attribuita a menti modeste, per intrattenimenti mediocri che non contribuiscono certo all'obiettivo formativo che abbiamo comunque riconosciuto alla televisione, si aggira, tra le varie produzioni e gli interpreti e conduttori di fiction e di altri programmi, attorno al miliardo di euro. Non si esagera se si pensa ai compensi previsti a Celentano, e a quelli già qualche anno fa percepiti da Morandi per un obliato programma (forse) del sabato sera: 870 milioni a puntata (anche in mutande). Se, con un drastico ma non punitivo ridimensionamento di tali cifre, si producessero, senza sensibili varianti, gli stessi programmi alla metà dei costi, resterebbero 500 milioni di euro, una cifra spropositata con cui la Rai e Mediaset potrebbero contribuire alla materiale conservazione di un patrimonio scandalosamente abbandonato. Un esempio: Palazzo Besta, a Bianzone, è stato acquistato intelligentemente dal piccolo Comune per 360mila euro: è una architettura meravigliosa in totale abbandono. Per non farla crollare, e restituire all'Italia un bene non minore ma mutilato, di cui nessuno sembra fino ad oggi aver considerato il valore, basterebbe un milione di euro. Con un analogo contributo si potrebbero salvare altri 500 edifici, non meno eccezionali, utilizzando il fondo annuale dei denari sottratti alle produzioni televisive e ai cosiddetti «artisti» il cui valore non può superare quello di un monumento salvato. Con rigore e metodo, in tal senso il Fai dà lezioni alla Rai e indica un codice di comportamento per lo Stato spesso disatteso dai sovrintendenti.

Sarebbe un vantaggio per tutti e non ci sarebbe nessun percettibile abbassamento della qualità o rimpianto per i mancati guadagni di Bonolis, che passerebbe da 20 milioni di euro all'anno a 10 milioni di euro senza - credo - poter recriminare troppo. I vantaggi, per converso, sono evidenti a tutti. Si tratterebbe soltanto di una diversa distribuzione della ricchezza investendo sulla bellezza.

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