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I kamikaze palestinesi tornano a colpire Israele

Olmert deluso: «La tregua ci aveva illusi». Peretz: «Ma ora sarà lotta senza tregua»

È un attacco terrorista molto particolare e carico di pessimi pronostici quello che ieri ha riempito di orrore e di sangue la cittadina di vacanze di Eilat, dove il mare e il cielo di un blu assurdo si incontrano col giallo del deserto del Negev. Alle nove e mezzo di mattina in una panetteria situata al sud della città in una zona di acquisti è entrato un ragazzo giovane e di strano aspetto, la giacca scura rigonfia e abbottonata in una giornata in cui tutti indossavano soltanto la maglietta. Prima che i giovani padroni del negozi potessero rendersene conto, era fatta: un boato, il sangue, le grida. Tre morti oltre al terrorista suicida, Mohammed al Saqsaq, 21 anni, della cittadina di Beith Lahia a Gaza, erano stati ormai smembrati, colpevoli soltanto di essere andati a comprare il pane. Al Saqsaq era stato trasportato ai margini di Eilat da un colonnello delle Riserve che, dandogli un passaggio, si era insospettivo per il suo atteggiamento e la giacca chiusa. Il colonnello ha avvisato la polizia: è possibile che il terrorista si sia fatto esplodere quando ha udito le sirene delle forze dell’ordine. L’attacco è stato rivendicato soprattutto dalla Jihad islamica, una organizzazione piccola, radicata sia a Gaza e in Cisgiordania e con sede a Damasco, completamente legata all’Iran, ai suoi fondi, ai suoi ordini. Ma anche le Brigate di Al Aqsa, ovvero la mano terrorista del Fatah l’ha fatta sua, oltre a un’altra nuova organizzazione, «L’esercito dei credenti». Un segnale di unità che potremmo chiamare laico-religiosa intesa che vuole dare un’indicazione ai palestinesi in guerra fra di loro. Dice: uccidiamo gli israeliani invece di proseguire la guerra fra di noi.
Quello di ieri è un attacco che segna la ripresa dopo nove mesi dell’uso del terrorismo suicida, nove morti a Tel Aviv: Ehud Olmert, il primo ministro israeliano, ha detto: «Ci eravamo illusi ormai che ci fosse una certa quiete». Il nuovo attacco forse segna davvero la fine della tadiah, una sorta di tregua parziale che se non ha impedito il lancio dei kassam da Gaza e la risposta israeliana, pure ha trattenuto le parti in causa da una guerra più larga. Adesso sia Avi Dichter, il ministro degli interni ex capo dei servizi segreti, lo Shin Beth, che il ministro della Difesa Amir Peretz dichiarano che i terroristi non troveranno rifugio in una tregua che non esiste, e che quindi la guerra può allargarsi.
In secondo luogo, la rivendicazione del portavoce della Jihad islamica, con la maschera nera e il mitra, ha spiegato le sue intenzioni: «Ci siamo tirati indietro per dare a Hamas e Fatah la possibilità di trovare un accordo. Visto che non hanno raggiunto niente a livello governativo - ha aggiunto letteralmente - ci siamo votati di nuovo alle operazioni di martirio». Ovvero: per rispondere alle loro stragi interne (si calcolano fino a 60 uccisi) la Jihad propone un’ulteriore escalation, a spese di Israele: fermare il sangue dei contendenti col sangue innocente delle vittime del terrorismo. Può darsi che funzioni. Qualche giorno fa anche Abu Mazen in un comizio invitò i palestinesi a puntare i fucili non l’uno contro l’altro ma tutti contro il «nemico sionista». Anche il portavoce di Hamas considera come un fatto «naturale» attaccare i civili israeliani.
Mohammed al Saqsaq è entrato, così sembra, dall’Egitto: ciò significa che da Gaza ha potuto passare nel Sinai; là ha potuto viaggiare, certo in auto, lungo il confine israelo-egiziano fino a trovare l’ingresso. Era quasi certamente armato e accompagnato. E chi è stato in Egitto sa che il regime può essere molto determinato quando si tratta di controllare ingressi e strade. Qui non lo è stato.
Infine, il suicida viene da una famiglia militante, e pare che, fatto inusuale, avesse avvertito due giorni prima la madre e il fratello Naim. La madre, senza una lacrima e affaccendata nella tenda di onore che sempre si prepara per i parenti e gli amici dello shahid, fra cui bambini certo indottrinati con l’esempio di Mohammed al Saqsaq, si è detta fiera e desiderosa che tutti i suoi figli diventino «martiri», e ha rivelato che il figlio le aveva confidato quello che voleva fare.
Sui sentieri della parte egiziana del Sinai che costeggia Israele in questi ultimi tempi hanno tentato la fortuna verso Israele col loro carico di tritolo un centinaio di terroristi in un anno.

Sono strade percorse da Al Qaida, da vari fornitori di armi e di uomini di varie provenienze che con l’aiuto iraniano promuovono la trasformazione di Gaza in una fortezza sullo stile di Hezbollah: è la solita orchestra terroristica internazionale, ormai tentacolare e ricca, che ieri ha messo nel carniere due poveri panettieri e un lavoratore nella città di vacanze di Eilat.

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