Politica

I segreti del conclave: «Così Ratzinger è stato eletto Papa»

«Limes» pubblica gli appunti di un porporato. «Benedetto XVI ha avuto 84 voti, Martini solo 9. Bergoglio unico vero antagonista»

Andrea Tornielli

da Roma

Il pomeriggio di martedì 19 aprile Joseph Ratzinger è stato eletto 264° successore di Pietro con 84 voti. Il suo unico antagonista nelle quattro votazioni del rapidissimo conclave chiamato a designare il successore di Papa Wojtyla è stato l’arcivescovo argentino Jorge Mario Bergoglio. Non c’è mai stata una vera candidatura di Carlo Maria Martini, che ha ottenuto solo 9 voti il primo giorno e non è arrivato in alcun modo a insidiare Ratzinger.
È una ricostruzione dettagliata e per molti versi inedita quella che un porporato ha fissato nel suo «diario segreto» del conclave e che è stata raccolta da Lucio Brunelli, vaticanista del Tg2 per la rivista Limes, da oggi in edicola. Una ricostruzione che che conferma quanto ha scritto il Giornale nei giorni immediatamente successivi all’elezione di Papa Ratzinger, individuando già il 21 aprile scorso proprio nel cardinale Bergoglio l’unico vero candidato alternativo al Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Brunelli, che nel Tg2 di ieri sera ha anticipato alcuni dati del «diario segreto», descrive grazie alla sua informatissima «fonte», l’andamento del conclave ora per ora: i sondaggi discreti, gli incontri tra i cardinali, gli orari delle votazioni.
Lunedì 18 aprile, dopo la cerimonia dell’ingresso nella Sistina e la meditazione tenuta dal cardinale Spidlik, verso le 18 i porporati elettori decidono di procedere immediatamente con una prima votazione. Questi i risultati: Joseph Ratzinger balza subito in testa con 47 voti. Un pacchetto consistente, conferma dell’importante lavoro preparatorio svolto da alcuni cardinali, tra i quali il curiale Alfonso Lopez Trujillo e l’arcivescovo di Genova Tarcisio Bertone. Al secondo posto c’è l’arcivescovo di Buenos Aires, il gesuita Bergoglio. A Martini, candidato «di bandiera» dello schieramento «liberal», vanno 9 voti, mentre 6 li ottiene Ruini, 3 il cardinale honduregno Maradiaga e 2 l’arcivescovo di Milano Tettamanzi. Una trentina di voti sono dispersi tra i vari cardinali, segno della grande incertezza di una parte significativa del corpo elettorale.
Il gruppo progressista, che ha deciso di puntare su Martini per contarsi, appare spaesato. Ricostruzioni infondate, nelle settimane successive, parleranno di un «testa a testa» dell’arcivescovo emerito di Milano con Ratzinger, se non addirittura di un iniziale primo posto dello stesso Martini. La vera sorpresa del primo scrutinio è invece il nome di Bergoglio, ecclesiastico dal temperamento schivo con fama di austero uomo di Dio. Quella sera il gruppo che aveva votato Martini decide di riversare su Bergoglio i propri consensi.
La mattina dopo, alle 9.30, si vota nuovamente. Ratzinger raggiunge quota 65 e continua la sua scesa verso il quorum dei due terzi, vale a dire 77 voti. Bergoglio ottiene 35 voti, Martini e Ruini nessuno: i suffragi del primo sono passati a Bergoglio, quelli del secondo a Ratzinger. Sodano continua a ricevere i suoi 4 voti e Tettamanzi i suoi 2. L’arcivescovo di Buenos Aires è ora a un passo dalla soglia dei 39 voti che, teoricamente, può consentire a una minoranza agguerrita di bloccare per molti giorni l’elezione di qualsiasi candidato.
Ma la sorpresa è quanto avviene alla terza votazione, iniziata alle ore 11 del 19 aprile. Ratzinger sale ancora e tocca quota 72. Bergoglio passa la soglia fatidica e si attesta a 40 voti. I voti di Sodano sono passati a Ratzinger. Anche Tettamanzi perde i 2 consensi conservati fino a quel momento. È il momento della grande preoccupazione fra i sostenitori del Prefetto della dottrina della fede. Bergoglio sta salendo, è probabile che non ce la faccia, ma il duello può bloccare entrambe le candidature. Il cardinale argentino ha il volto sofferente, non accetta il ruolo di anti-Ratzinger. Chi lo osserva in quei momenti pensa che se venisse eletto potrebbe non accettare. Già al momento di uscire dalla Sistina per tornare alla Casa Santa Marta per il pranzo, inizia il lavoro di persuasione da parte dei sostenitori di Ratzinger: è ancora il cardinale Trujillo, che nei giorni precedenti al conclave ha invitato a cena diversi porporati, ad avvicinare alcuni latinoamericani che fino a quel momento hanno votato Bergoglio per dire loro che non ci sono vere alternative a Ratzinger.
Dopo la fine del conclave si diffonderà una ricostruzione secondo la quale in questa fase Martini avrebbe avuto un ruolo decisivo nel far pendere la bilancia verso il futuro Benedetto XVI. Dal «diario segreto» del porporato emerge verità del tutto diversa. È proprio Martini, in quelle ore, a credere che il conclave sia entrato in una fase di stallo, tanto da compiere sondaggi informali alla ricerca di possibili candidati alternativi. Uno di questi incontri avviene con il Prefetto della Congregazione per i santi, il portoghese José Saraiva Martins. Dopo il pranzo di quel giorno nulla appare ancora scontato. Invece, quando i cardinali varcano la soglia della Sistina per votare nuovamente, alle 16.30, l’esito è già deciso. Alle 17.

30 Benedetto XVI viene eletto con 84 voti, mentre l’arcivescovo argentino scende a 26.

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