Interni

"Io cacciato dalla Rai". Il ritorno del finto martire Saviano contro Meloni

Giorgia Meloni ad Atreju ha sottolineato la disparità di opere dedicate a forze dell'ordine e criminalità organizzata. Punto sul vivo, Saviano ha fatto il solito intervento vittimista

"Io cacciato dalla Rai". Il ritorno del finto martire Saviano contro Meloni

Ascolta ora: ""Io cacciato dalla Rai". Il ritorno del finto martire Saviano contro Meloni"

"Io cacciato dalla Rai". Il ritorno del finto martire Saviano contro Meloni

00:00 / 00:00
100 %

Nel corso del suo discorso ad Atreju, Giorgia Meloni non ha fanno nemmeno un nome ma in diversi si sono sentiti tirati in causa dalle sue parole. Certo, è facile sparare ad alzo zero contro qualcuno ma quando poi si ottengono le repliche, si cerca di vestire i panni della vittima. Lo sa bene Roberto Saviano, sempre pronto a pontificare e dire la sua contro tutti e contro tutto quello che non è di suo gradimento, per poi non essere in grado di accettare di ricevere una critica. Se uno scrittore parla di politica, perché la politica non dovrebbe parlare dello scrittore?

Dal palco di Atreju, Meloni ha sottolineato come ci siano innumerevoli opere, tra libri e film, incentrate sulla criminalità organizzata e molte meno sull'operato di polizia e forze dell'ordine. Le operazioni che questo governo sta compiendo nei quartieri e nelle zone "dimenticate", in primi Caivano, sono una risposta concreta contro la malavita. Ma alla disparità di racconto, il premier Meloni ha dato una spiegazione più che convincente. Dopo aver ringraziato gli uomini e le donne "che presidiano territorio per anni abbandonato dallo Stato", il premier ha aggiunto: "Sono storie da raccontare, che nessuno scrittore racconta, forse perché i camorristi fanno vendere molto di più, ci si fanno le serie televisive". Quindi, facendo un riferimento ben preciso, ha aggiunto: "Magari regalano il pulpito da New York da cui dare lezioni di moralità agli italiani. Sempre, si intende, a pagamento".

Parole affilate, tese a sottolineare una disparità evidente nel nostro Paese, che da un certo punto di vista potrebbe anche essere la causa di una certa mitizzazione degli ambienti criminali. Parole alle quali Saviano si è sentito in dovere di replicare: "Ma lo sa Meloni che chi scrive di camorra vive sapendo che ci sono dilettanti dell’antimafia pronti ad accusarlo di aver diffuso il male per il solo fatto di averlo nominato?". E ancora: "Lo sa Meloni che l'espressione 'Si è arricchito con la camorra' l'hanno pronunciata prima di lei boss e affiliati? Che prima di lei l’ha pronunciata chi voleva censurare il racconto delle dinamiche criminali? Beh, se non lo sapeva, ora lo sa". Saviano non dice chi sono i "dilettanti dell'antimafia" e se lui, invece, si sente un "professionista" dell'antimafia. E non è nemmeno indubbio che lui debba gran parte della sua popolarità, e anche la sua fortuna economica, a un libro, "Gomorra", incentrato proprio sulla Camorra.

E distorcendo completamente il senso di quanto detto da Meloni, come d'altronde accade spesso a sinistra, Saviano conclude: "Scrivere di mafia per arricchirsi oppure le serie che innescano la diffusione del male, è un vecchio adagio. Sono parole usate dalle organizzazioni criminali. È una declinazione tipica dell'omertà: 'Zitto, se ne parli sei complice'. È un modo furbesco per invitare al silenzio". Eppure, il presidente del Consiglio ha solo fatto notare la disparità di produzioni tra gli eroi buoni, quelli in divisa al fianco dello Stato che lottano per la legalità, e gli "eroi" cattivi, quelli che lo Stato lo combattono in nome dell'illegalità.

Quindi, in una storia, Saviano non ha nemmeno perso occasione per cercare di mettere i panni del censurato: "Giorgia Meloni dice che a parlare di camorristi si guadagna di più. In realtà, io con una trasmissione su camorra e mafia sono stato cacciato dalla Rai. E lei lo sa bene". Eppure, non è stato "cacciato" dalla Rai per i contenuti della sua trasmissione ma perché, in base al codice etico aziendale, è stato ritenuto inopportuno che un conduttore che definisce un rappresentate del governo "Ministro della Mala vita" operi in Rai.

Altri prima di lui sono stati allontanati per lo stesso motivo, essendo la Rai un servizio pubblico per tutti, in capo allo Stato.

Commenti