Il bianco e il nero

"Sempre divisivo", "Ci vorrebbe la pietas". Lo scontro sul Cav

Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo affrontato il tema dell'odio nei confronti del centrodestra con il politologo Luigi Di Gregorio e il sondaggista Fabrizio Masia

"Sempre divisivo", "Ci vorrebbe la pietas". Lo scontro sul Cav

L'odio nei confronti di Silvio Berlusconi e dei vari leader di centrodestra è continuato anche in questi giorni. Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con il politologo Luigi Di Gregorio e il sondaggista Fabrizio Masia.

Una buona parte della sinistra ha criticato il fatto che sia stato indetto il lutto nazionale per Berlusconi, mentre il Fatto Quotidiano non si è fermato neppure dinanzi alla morte. Perché la figura di Berlusconi continua ad essere odiata anche dopo la morte?

Di Gregorio: “Le grandi personalità sono spesso divisive. Lo sono in vita e lo sono anche nel momento della loro morte. La morte è anche, necessariamente, il momento di un bilancio. Poi, certo, esistono anche il rispetto e la pietas, almeno nell’immediato. Ma sinceramente non mi aspettavo una reazione diversa da parte di chi ha avuto come missione istitutiva l’antiberlusconismo militante. Non è segno di rispetto, non mi piace, ma è un messaggio di coerenza al proprio pubblico”.

Masia: "Perché Silvio Berlusconi ha rappresentato un pezzo di storia imprenditoriale, calcistica e istituzionale di questo Paese. Dalla sua discesa in campo è stato molto divisivo e ha determinato la contrapposizione tra un centrodestra e un centrosinistra e questo si è visto a ogni elezione politica. Questo tipo di agone politico si è riverberato anche in un certo tipo di giudizi che si sono accompagnati a tutta una serie di altri episodi giudiziari (e non solo) che hanno contribuito a rendere Berlusconi non simpatico al mondo di sinistra che lo ha sempre combattuto. La mia sensazione è che negli ultimi anni questo tipo di odio si sia stemperato proprio in concomitanza di un calo complessivo di consensi nei confronti di Silvio Berlusconi. La presenza di Mattarella al funerale è servita a creare una sorta di rappacificazione generale tra tutti i profili istituzionali".

Travaglio, Saviano e Michela Murgia sono personalità che hanno fatto carriera grazie al livore espresso nei confronti di tutti i leader di centrodestra. Si può dire che hanno trasformato l'odio in business?

Di Gregorio: “L’odio è un sentimento molto funzionale in diversi ambiti. C’è un libro molto bello, di uno studioso americano, Jonathan Haidt, intitolato ‘Menti tribali. Perché le brave persone si dividono su politica e religione’. In politica, c’è sempre un ‘noi' e un 'loro' molto forte. Essere divisivi e polarizzanti funziona su tutti i mercati: da quello degli elettori a quello dei lettori. Dà visibilità, è funzionale in termini di logica dei media perché cattura l’attenzione e mobilita le emozioni. Come esistono opinionisti e intellettuali di sinistra 'specializzati' in questa attività, così sono nate nel tempo le controparti di destra, magari per reazione, ma ormai ci sono anche quelle. È un gioco delle parti, alimentato dai modelli di business e dalla psicologia basica degli esseri umani: gruppisti e tifosi, per definizione, specie in politica”.

Masia: "Hanno fatto proprie le loro posizioni personali, condivisibili o meno, in un qualcosa che le ha aiutate ad arrivare a un certo tipo di ribalta. In alcuni casi questa loro azione politica è stata d'aiuto per avere successo anche dal punto di vista economico, ma questo fa parte del gioco".

La sinistra accusa il centrodestra di deriva autoritaria, ma l'intolleranza spesso è stata prerogativa proprio della sinistra. Penso alla statuetta che colpì sul volto Berlusconi oppure alle vignette che raffigurano Salvini e la Meloni a testa in giù ed episodi simili. Perché si è arrivati a certi livelli di scontro?

Di Gregorio: “È vero, c’è un illiberalismo di sinistra che è stato anche rilevato e messo nero su bianco, da autori statunitensi come Mark Lilla o lo stesso Jonathan Haidt, peraltro dichiaratamente democratici. Se vogliamo, è un derivato dell’egemonia culturale di gramsciana memoria. C’è uno scontro tra valori liberal e valori conservatori in tutto l’Occidente, che parte proprio dagli Stati Uniti. Tuttavia, le élite che diffondono e disseminano quei valori sono in nettissima maggioranza schierate a sinistra (intellettuali, personaggi dello star system, sportivi, ecc.). Questo fa sì che quei valori vengano spesso presentati non come 'disputed' – ossia da discutere, meritevoli di confronto in democrazia – ma come innegabili e universali. E quando si pensa di avere il monopolio della verità, viene facile trascendere e finire per essere censori e illiberali, trattando gli avversari come nemici da mettere a tacere”.

Masia: "Non credo che esista un posizionamento politico di destra o di sinistra rispetto alla violenza. La violenza è uno sfogo istintivo e inconscio con cui le persone maturano un certo livello di odio, vedendo nell'altro un nemico, e trasformano il loro rancore in uno scontro fisico. Questo, però, succede anche durante le partite di calcio, ma non ci vedo una relazione diretta tra posizionamento politico e violenza. Le violenze sono connaturate all'essere umano".

Per trent'anni la politica italiana si è divisa in berlusconiani e antiberlusconiani. Perché l'odio verso un leader politico è sembrato l'unico collante per il centrosinistra?

Di Gregorio: “Perché nell’era post-ideologica, iniziata a fine Novecento, servivano nuove scorciatoie cognitive per gli elettori, nuovi simboli in grado di riassumere le ragioni del proprio 'tifo'. A destra, quel simbolo è stato per molti Berlusconi. A sinistra, lo stesso. Perché Berlusconi simboleggiava e incarnava diverse cose tradizionalmente osteggiate dalla sinistra italiana. La rivoluzione liberale di cui parlava Berlusconi era figlia del liberismo, non del liberalismo come lo intendiamo oggi. Era un derivato di Reagan e Thatcher, non di valori liberal. E l’idea che un grande imprenditore, un 'padrone', potesse essere il massimo rappresentante di quella piattaforma programmatica era la 'tempesta perfetta', la scorciatoia ideale per coagulare tutte le forze di sinistra alla ricerca (mai finita) di nuove idee e di una nuova piattaforma programmatica".

Masia: "Quando si devono definire le linee strategiche per il consenso politico si cerca di andare su quegli elementi valoriali o di contenuto che si può pensare che piacciano di più al proprio elettorato reale o potenziale. Non è stato un gesto istintivo, ma strategico del centrosinistra che trovava così un filo rosso per tutte le sue varie componenti, com'è successo a Prodi che mise insieme Mastella e Turigliatto. E, proprio quando Berlusconi era più debole, il centrosinistra non è stato ugualmente in grado di vincere le elezioni".

L'astio nei confronti di B è arrivato al punto che alcuni avversari politici non hanno esitato a parlare di "Repubblica delle banane", mentre Letta, nell'ultima campagna elettorale, nei confronti della Meloni ha alimentato lo "spauracchio fascista". È mera propaganda politica oppure c'è un intento preciso di screditare l'avversario anche all'estero?

Di Gregorio: “C’è sicuramente un intento tattico, se non strategico. Serve a coagulare il 'noi' di sinistra contro il 'loro' di destra, spingendo su sentimenti e pulsioni forti e mobilitanti. È anche la spia dell’assenza di altre cose però. Ad esempio, è tipico l’attacco ad personam verso leader di destra perché spesso a sinistra il rapporto coi leader forti è problematico. Non riescono a fare i conti con la personalizzazione e la leaderizzazione della politica. Non a caso, l’unico leader che ha funzionato è diventato presto oggetto di odio anche lui, mi riferisco a Matteo Renzi. È difficile trasformare Letta o Zingaretti in simboli di odio, ma è difficile anche trasformarli in leader carismatici e mediagenici in grado di moltiplicare il consenso e di mobilitare il proprio popolo”.

Masia: "Quando si tratta di elezioni politiche, la componente estera pesa molto molto poco. Il problema della sinistra è che, negli ultimi dieci anni, non è riuscita a evitare una contrapposizione politica così forte non solo basata su elementi valoriali, ma su elementi di contenuto veri e propri come l'ambiente o la giustizia.

Oggi abbiamo tante persone che, nate dal 1980, avvertono molta poca sensibilità nei confronti di un periodo, il fascismo, che non hanno vissuto e di cui non hanno vissuto neppure i riverberi immediamente successivi alla sua caduta".

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