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Calenda sfida la Cgil, ma la Fiom fa la "serrata"

Appena arrivato il leader di Azione, gli operai della Marelli se ne sono andati. L'attacco di Italia Viva

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A Crevalcore va in scena la prima «serrata» organizzata dalla Cgil contro un leader di centrosinistra. A metà mattina Carlo Calenda, come promesso, si presenta ai cancelli della Marelli minacciata di chiusura, ignorando la fatwa lanciatagli contro da Maurizio Landini, via comunicato Fiom: «Non azzardarti a venire, qui non sei benvenuto», l'avvertimento.

E siccome il testardo Calenda, reo di aver criticato la gestione Cgil dei rapporti con l'azienda, ci va lo stesso, i rappresentanti sindacali boicottano il suo incontro con i lavoratori, fanno allontanare gli operai e convocando su due piedi una «assemblea» dove sospingerli. «Dove andate? Sono qui per parlare con voi», dice lui davanti al fuggi-fuggi. Ma l'ordine di ignorarlo e non rispondere all'«intruso» era stato evidentemente molto chiaro. E dire che solo pochi mesi fa era stato proprio Landini a volere Calenda sul palco del suo congresso Cgil, per partecipare ad una tavola rotonda con tutti i leader del centrosinistra, da Elly Schlein a Giuseppe Conte, e con il capo della Cgil nei panni del direttore d'orchestra, a dettare l'agenda politica e sociale di uno schieramento di cui si sente il leader in pectore. E di cui vuol decidere, di volta in volta, chi è degno di far parte e chi no.

Del resto ieri mattina, prima di approdare a Crevalcore, Calenda aveva fatto partire un altro siluro verso Landini e la singolare compiacenza del suo sindacato verso gli ex proprietari di Magneti Marelli (nonché, a stretto giro, editori di Repubblica): «Ottobre 2018: Elkann cede Marelli assicurando che non ci saranno esuberi. I sindacati commentano entusiasticamente l'operazione. Marelli aveva all'epoca della cessione 43.000 dipendenti di cui 10.000 in Italia. Oggi ne ha 50.000 di cui 7.000 in Italia. Aprile 2020: Elkann acquista Repubblica». Per poi elencare le successive tappe di una crisi annunciata, tra inerzie governative (regnava Conte) e sindacali, e concludere: «Quando, con Marchionne, la produzione FCA era del 30% superiore a oggi, Landini ha promosso mesi di mobilitazioni nazionali». Con gli Elkann, nulla: «Forse perché sono i proprietari di Repubblica, principale giornale della sinistra italiana?». Comprensibile che Landini non si senta di rispondere, mentre il segretario Fiom di Bologna Simone Selmi, aggira la questione: «Abbiamo in questo momento bisogno di tutto, tranne che di questa roba». E comunque, ribadisce, Calenda non è «persona gradita» perché, chiosa un delegato Fiom, «vuole rompere il fronte sindacale». Dalla Cisl, invece, si respinge la faziosità Cgil: «Per noi chiunque viene al presidio per portare solidarietà è ben accetto», dice Massimo Mazzeo della Fim.

Nella polemica invece si tuffa invece Italia viva, già alleata e ora acerrima avversaria del leader di Azione: «Andare in mezzo a chi sta perdendo il lavoro alla ricerca di facili consensi è quanto di più lontano ci sia dalla politica», accusa la parlamentare Naike Gruppioni.

Intanto il governo, con il ministro delle Imprese Adolfo Urso annuncia la convocazione di un tavolo con azienda e sindacati sulla crisi Marelli, augurandosi che «si riesca a trovare la via per il mantenimento di questo importante sito produttivo».

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