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Vagine coi denti, tansfemminismo, scioperi: l'8 marzo ostaggio dell'ideologia rossa

Organi genitali dentati, rivendicazioni trans e queer e Costituzione interpretata a proprio gusto: così l'8 marzo, da giornata universale, è diventata l'ennesima occasione di protesta politica rossa

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L'8 marzo, da giorno simbolico per le rivendicazioni femminili, è diventato un giorno come un altro per scendere in piazza con gli slogan che si sentono pressoché quotidianamente dai soliti noti. L'8 marzo nasce come giorno di lotta ma questa è stata ormai depotenziata da ogni suo significato a causa di chi non perde occasione per azioni provocatorie che non hanno più nulla a che fare con la causa femminista in sé, annacquata e privata di qual si voglia significato universale. È solo l'ennesimo pretesto per non fare lezione nei licei, per occupare le università, per scendere in piazza e puntare il dito contro l'uomo, ma solo quello bianco, perché per tutti gli altri c'è solo silenzio, contro il governo di centrodestra solo perché tale.

Ed ecco che davanti a Palazzo Nuovo a Torino, sede dell'università, vengono alzate le barricate. Vietato a tutti l'ingresso nel plesso, come purtroppo spesso accade durante le recenti manifestazioni, che perdono il senso della democrazia, imponendo il pensiero di pochi su tutti. "L'8 scioperiamo da tutto. Lavoro, didattica e ricerca. Se noi ci fermiamo si ferma tutto", si legge nel manifesto affisso davanti agli ingressi della sede universitaria torinese, come si evince dalle foto condivise da Askatasuna. Accanto allo striscione è comparso un organo genitale femminile con tanto di denti, o aculei, posto di fianco a una bandiera palestinese. Questa, ormai, immancabile nelle proteste. Questa giornata sarebbe potuta essere un'espressione universale, così come quanto è nata, contro ogni violenza e discriminazione ai danni delle donne. Quindi anche contro le barbare torture, gli stupri e le violenze inumane perpetrate dai palestinesi di Hamas contro le donne israeliane lo scorso 7 ottobre. Sarebbe potuta essere l'occasione per ricordare tutte le donne uccide e violentate dagli uomini, e non solo quelle utili alla narrazione che vede come unico carnefice l'uomo bianco italiano.

Tra i gruppi dei collettivi liceali, invece, circolano i soliti manifesti ideologizzati che vogliono la piazza come megafono per "studentesse, froce, donne, trans". Manifesti che vogliono portare nelle scuole l'educazione sessuale "queer e priva di censure" e la carriera alias per tutti, anche per chi sceglie di "non effettuare una transizione ormonale". Manifesti contro il colonialismo e per "la liberazione della Palestina", con una generica condanna verso Usa, Onu, l'Italia e qualunque altro ente o organizzazione che non sia allineato alle loro idee. "Scendiamo in pizza per un transfemminismo libero, intersezionale e indecoroso", scrivono nel loro manifesto. E sfogliando i vari manifesti, molti dei quali completamente scollegati da quelli che sono i principi della democrazia e della società civile, si scopre che i collettivi hanno anche la pretesa di diffidare docenti e presidi.

Lo si legge nel manifesto del Collettivo K1 di Firenze, che oggi ha deciso di imporre uno sciopero all'interno della scuola, violando il diritto allo studio della gran parte degli studenti. "La mobilitazione di domani è stata avvisata alla scuola, diffidando ogni tipo di scoraggiamento e sanzione verso gli studenti che scioperano", scrivono dal K1, appellandosi all'articolo 40 della Costituzione e allo statuto degli studenti che, scrivono testualmente, "sanciscono il diritto di sciopero libero e di libertà di espressione". Queste parole sono la ragione per cui si dovrebbe sollevare un serio dibattito sull'urgente necessità di reintrodurre le lezioni di educazione civica e di diritto nelle scuole di ogni ordine e grado. Perché questi giovani che citano, per darsi un tono, l'articolo 40 della Costituzione, uno dei fondamenti della nostra Carta, lo fanno a sproposito e senza nemmeno averne capito la ratio. "Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano", recita testualmente l'articolo 40.

Ma le leggi, evidentemente, sono solamente un intralcio da eliminare per questi ragazzi, che saranno però coloro che avranno in mano le redini dell'Italia tra poco più di due decenni.

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