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Bocciata l'idea della Schlein: ecco perché la settimana corta non funziona

Gli economisti e i giuslavoristi bocciano l'idea di Elly Schlein di ridurre di un giorno le ore lavorative settimanali

Ecco perché la settimana corta non funziona

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“Lavorare troppo e male non aumenta la produttività”. Così la segretaria del Pd, Elly Schlein, ha motivato la sua brillante idea: portare da cinque a quattro i giorni lavorativi. Ovviamente, a parità di salario. Una proposta che lascia perplessi non solo Carlo Calenda, ma anche svariati economisti e giuslavoristi.

“La tesi della riduzione dell’orario di lavoro o della settimana corta a parità di salario è vecchia perché non tiene conto della evoluzione dei modi di lavorare e produrre”, commenta l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, convinto che ormai “l’orario si va relativizzando e la misura della prestazione si sta spostando sui risultati”. È fortemente critico anche l’economista dell’Istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro: “In una situazione come quella attuale – dice - dovremmo pensare a come aumentare il lavoro e non come diminuirlo”. Se da un lato, infatti, è vero che l’evoluzione tecnologica porterà a un alleggerimento del lavoro fisico però “l’idea che, a parità di stipendio, si possa togliere un giorno lavorativo con un tratto di penna, mi sembra – osserva Stagnaro - come partire dal risultato senza aver capito come arrivarci”. La cosiddetta ‘settimana corta’, secondo l’economista dell’Istituto Bruno Leoni, equivarrebbe a un super salario minimo perché, togliendo otto ore lavorative settimanali senza che vi sia un impatto negativo sul salario, di fatto si aumenta il salario orario del 20%. Ma non è tutto. “Pensare che, se si lavora quattro giorni anziché cinque, possa aumentare l’occupazione perché viene assunto qualcun altro per fare quel determinato lavoro è – sentenzia Stagnaro - un’idea che non sta né in cielo né in terra”.

Emanuele Massagli, presidente Adapt, non crede che la settimana corta possa mai diventare obbligatoria, al massimo facoltativa. “Non è realizzabile perché tutto il settore del turismo e del commercio non potrà mai avere la settimana corta. Può funzionare – spiega Massagli - solo negli uffici del terziario e in alcune fabbriche del secondario che lavorano con un’organizzazione per turni”. Le imprese, infatti, spenderebbero di più perché dovrebbero assumere un dipendente in più e quindi avrebbero maggiori costi fissi. “È una proposta degli anni ’70, la cosiddetta ‘lavorare meno, lavorare tutti’, ma non si è mai realizzata perché è impraticabile, se non per alcune grandi aziende”, spiega l’esperto, sicuro che “alla fin fine, il ‘giochino’ costi alle aziende tra il 6 e il 10%”. Sembra poco possibilista anche il giuslavorista Giuliano Cazzola: “Credo sia impossibile fare un discorso di riduzione delle ore di lavoro a parità di salario perché si metterebbe in discussione la competitività del Paese. Diverso – spiega l’ex parlamentare - è riorganizzare lo stesso numero di ore lavorate su quattro giorni anziché cinque purché si parta con una fase di sperimentazione”. In Francia, infatti, sono state introdotte le 35 ore, ma questa misura non ha fatto altro che aumentare le ore di lavoro straordinario.

“Le imprese, dunque, alla fine, avranno solo maggiori spese”, chiosa Cazzola.

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