Interni

Gaffe, flop e scivoloni: un anno di delirio Pd

Dalla rocambolesca rielezione di Mattarella al Qatargate, passando per la campagna elettorale anti-Meloni e la batosta al voto, un anno di follie targate Pd

Gaffe, flop e scivoloni: un anno di delirio Pd

Ciak, azione! La regia di Enrico Letta ha avuto un ruolo decisivo nella realizzazione delle scene madri. Quelle più tragicomiche, venate di surrealismo. Ma anche il contributo dei vari attori dem - protagonisti e comprimari - è stato altrettanto determinante. Osservato in retrospettiva, il 2022 del Partito Democratico assomiglia a una commedia all'italiana mal riuscita, tra equivoci, gaffe, scivoloni e mosse sbracate. Un anno incredibile, segnato da battute d'arresto e da pasticci strategici alla Sturmtruppen. Inziato con la rocambolesca rielezione di Sergio Mattarella, l'annus horribilis dei progressisti si è concluso con una storica batosta elettorale e con gli imbarazzi per il Qatargate.

Il Mattarella bis

Sul tagadà politico i dem ci erano saliti, loro malgrado, già a fine gennaio scorso durante la partita per la designazione del nuovo presidente della Repubblica. In quel caso, il Pd era piombato in uno strano immobilismo e nemmeno era riuscito a esprimere con chiarezza un proprio nome. L'assottigliarsi delle chance quirinalizie di Mario Draghi aveva creato spaccature nella larga maggioranza che sosteneva il governo dell'ex banchiere e così i democrats nostrani si erano trovati all'angolo. Auto-relegati al marginale ruolo di sabotatori delle candidature altrui. Bocciate le ipotesi di Elisabetta Belloni e Pier Ferdinando Casini (di Silvio Berlusconi - figurarsi - nemmeno volevano sentir parlare), i dem avevano chiesto di "assecondare la saggezza del Parlamento" e si erano accodati sull'unica strada auspicabile in quel momento: quella del Mattarella bis.

La guerra in Ucraina

Disbrigata la pratica del Quirinale, per tutti i partiti sarebbe poi arrivata una grana ben più impegnativa da gestire: lo scoppio della guerra in Ucraina. In quella circostanza il Pd si era ragionevolmente schierato a favore del sostegno armato a Kiev, non senza creare qualche tacito mal di pancia tra i militanti più oltranzisti. Quelli del "né con la Russia, né con la Nato". In ogni caso, al partito di Enrico Letta va però riconosciuto di non aver mai ceduto a questi ultimi. Nel frattempo, sul fronte interno, la macchina dei dem iniziava a sbandare vistosamente con l'emergere di alcune turbolenze nella maggioranza del governo Draghi. I contraccolpi della crisi pentastellata, con la rottura tra Conte e Di Maio, avevano logorato indirettamente anche i piddini, divorati dall'eterno dilemma: assecontare i 5S per creare un comune fronte progressista o abbandonarli al loro destino?

La campagna elettorale e il "pericolo fascista"

L'attualità, tuttavia, è stata più veloce di quei calcoli politici: la caduta del governo Draghi, il 20 luglio, ha dato inizio a una campagna elettorale rivelatasi fallimentare nelle strategie e negli esiti. Il Pd guidato da Letta ha infatti intrapreso la corsa al voto puntando tutto sulle ostilità a Giorgia Meloni sul presunto pericolo fascista legato all'eventuale vittoria del centrodestra. Per non parlare delle gaffe del segretario dem, contestato anche dai suoi simpatizzanti per quella tattica autolesionista. I cittadini, come noto, non hanno creduto alla narrazione progressista e la leader di Fratelli d'Italia è stata condotta a palazzo Chigi da una valanga di consensi: una sconfitta che ha accelerato la fine dell'era Letta nel Pd. È iniziata così la corsa alla successione, anche in questo caso criticata per le modalità dagli stessi militanti.

Gli imbarazzi per il Qatargate

La conclusione del 2022 per i dem è stata poi da dimenticare. Come in un climax cinematrografico, il Pd si è ritrovato al centro di un'imbarazzante tempesta di scandali consumatisi a sinistra: prima il caso Soumahoro, poi il Qatargate con il coinvolgimento nelle indagini di alcuni soggetti vicini al mondo progressista e delle Ong. Un durissimo colpo per Enrico Letta, che sulla vicenda delle presunte mazzette all'Europarlamento era riuscito a esprimersi solo dopo lunghi giorni di imbarazzato silenzio. E la storia non è finita: senza scomodare oroscopi e divinazioni, i presagi per il futuro della sinistra non sembrano esattamente dei migliori.

Il caos sulle primarie

A pochi giorni dall'inizio del 2023, infatti, i dem stanno già svalvolando sulle primarie di partito. Dopo un tira e molla non indifferente, i quattro candidati alla segreteria Pd avrebbero trovato un accordo per far slittare l'appuntamento dal 19 al 26 febbraio. Ma Enrico Letta non ne vuole sapere. "Per il segretario la data per le primarie resta quella del 19 febbraio in linea con quanto già deciso", hanno spiegato fonti del Nazareno. Intanto il caos regna sovrano anche sulle modalità della consultazione: Elly Schlein ha avanzato la proposta del voto online, sulla quale invece i sostenitori di Bonaccini non sono affatto convinti. Istanza "sbagliata e irrealistica", dicono.

Se già ora si scannano, chissà poi.

Commenti