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"Nessuno è irregolare". Ora il Pd censura le parole sull'immigrazione

Guai a parlare di emergenza o invasione. Il Pd della Schlein bacchetta il governo e riscrive il vocabolario: "Nessun essere umano è irregolare". E sull'integrazione: "Basta che credano nell'antifascismo"

"Nessuno è irregolare". Ora il Pd censura le parole sull'immigrazione

Non è certo un mistero. Da sempre la sinistra gioca con le parole per ribaltare la realtà. Ricordate quando si preoccupava di mettere al bando la parola "clandestino" anziché fermare gli sbarchi? "Non è solo un problema formale di espressioni politicamente corrette - scriveva Repubblica nel 2011 - è banalmente una questione di civiltà". Era soltanto l'inizio. L'anno scorso il Manifesto è arrivato a scrivere che migranti è "una brutta parola". Meglio usare "risorse umane". Nel mezzo ne abbiamo sentite di ogni. "Gli immigrati ci pagano le pensioni". "Gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare". Durante un convegno Laura Boldrini disse persino che "i migranti sono l'avanguardia della globalizzazione".

Nulla è cambiato. Non stupisce quindi che oggi a Repubblica Marwa Mahmoud, uno dei volti nuovi che Elly Schlein ha voluto accanto a sé per cambiare il Pd, abbia puntato tutto sulle parole che il governo Meloni non deve usare quando parla di migranti, sbarchi e accoglienza. In cima a quelle da mettere al bando ci sono emergenza e invasione. Questo perché, a detta sua, non sono così tanti i disperati che ogni anno sbarcano sulle nostre coste. "Siamo un Paese da 60 milioni di abitanti - dice - con i rifugiati censiti nel 2021, meno di 200mila non ci si riempie neanche il Circo Massimo". Nemmeno irregolare va bene. "Nessun essere umano è irregolare". Per la Mahmoud tutti quelli che "fuggono da crisi ambientali, persecuzioni politiche, conflitti e povertà" dovrebbero, infatti, poter entrare in Italia e l'Italia (guarda un po') dovrebbe farsene carico. Come e con che soldi, mica lo dice.

A dir la verità, nell'intervista, la Mahmoud tace su molte cose. Per esempio sulle condizioni di migliaia di clandestini (possiamo scriverlo senza essere tacciati di xenofobia?) che vivono ai margini della società. Non sappiamo a Reggio Emilia, dove abita lei, come se la passino. Qui a Milano non certo bene. Venga a farsi un giro in certi quartieri per vedere a cosa hanno portato anni di porti aperti e politiche buoniste. L'emergenza immigrazione va quasi sempre a braccetto con l'emergenza sicurezza. E non è possibile derubricare, come ha fatto il sindaco Beppe Sala, dicendo che "quasi tutte le grandi città del mondo vivono questi tipi di problemi". Troppo comodo. Troppo comodo fare spallucce dopo che per anni governi di centrosinistra hanno voltato lo sguardo dall'altra parte in nome di un'accoglienza indiscriminata.

Anche non chiamare le "cose" con il proprio nome è un lusso colpevole. La Mahmoud lo fa più volte nell'intervista a Repubblica: prima attacca il governo dicendo che non può "definire le persone col linguaggio usato per i cataclismi" e invitandolo a ridimensionare il linguaggio, poi filosofeggia spiegando che "non abbiamo di fronte solo e sempre migranti o richiedenti asilo ma braccia per lavorare". Infine, la funambolica tesi sull'integrazione, cioè sui requisiti che "fanno" un italiano. "Non è avere un nonno nato in Italia - spiega - ma aver studiato qui, riconoscersi nella Costituzione, nella democrazia e nell'antifascismo".

A posto così: se c'è l'antifascismo, c'è tutto.

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