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I soliti distinguo sulle foibe e gli scheletri nell'armadio del vecchio Pci

"Sulle foibe riscriviamo una pagina che è stata strappata dai libri di storia"

I soliti distinguo sulle foibe e gli scheletri nell'armadio del vecchio Pci

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«Sulle foibe riscriviamo una pagina che è stata strappata dai libri di storia». Al binario 1 della stazione Fs Garibaldi arriva il Treno del Ricordo, partito domenica da Trieste con tutto il suo carico di dolore, speranza e memoria per gli esuli giuliano dalmati, colpevoli solo di voler essere italiani e fatti sprofondare nelle foibe dall'odio comunista dei miliziani jugoslavi di Tito. Il tentativo di consegnarli all'oblio è riuscito fino alla caduta del Muro di Berlino, quando le nefandezze del comunismo hanno finalmente fatto capolino tra le macerie dell'Est Europa.

Il Treno del Ricordo è un altro segnale dell'esecutivo per raccontare a tutti una realtà dimenticata, da condividere con il resto del Paese. Un commosso presidente del Senato Ignazio La Russa (nella foto) non nasconde un certo imbarazzo per i soliti distinguo: «Qualcuno fa ancora negazionismo, sono pochi ma vorrebbero infangare la memoria degli esuli e degli infoibati». «Con gli esuli abbiamo un debito, se riuscissimo a estinguerlo allora non avremo speso invano i nostri anni di impegno politico», ricorda il ministro del Turismo Daniela Santanché, convinta che stavolta il Parlamento riuscirà a «revocare l'onorificenza a Tito dopo 75 anni».

Chi pensava di vedere Beppe Sala è rimasto deluso, impegnato com'era alla presentazione del Salone del Mobile. L'assessore ai Servizi civici e generali di Milano Gaia Romani, cappotto chiaro e fascia tricolore, usa parole di circostanza («furono vittime di un regime di natura totalitaria») senza nominare il comunismo. Il coraggio, se uno non ce l'ha, non se lo può dare.

Chi si nasconde dietro lo spauracchio del fascismo immaginario non vuol vedere gli scheletri veri, nascosti negli armadi del Pci o ricacciati nei crepacci della Storia.

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