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"L'Aquila scelta per scopi elettorali". Delirio Pd sulla Capitale della Cultura

Subito dopo il conferimento per l'anno solare 2026 si sono subito scatenati gli attacchi da parte del Partito Democratico - a partire dal deputato Andrea Gnassi - che sospetta un favoritismo del governo Meloni nei confronti del capoluogo abruzzese

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La vittoria de L'Aquila come Capitale italiana della Cultura 2026 non ha lasciato tutti soddisfatti. Se da una parte il sindaco Pierluigi Biondi (Fratelli d'Italia) esulta per il lavoro svolta dalla comunità che amministra, l'accusa che è immediatamente partita dagli esponenti del Partito Democratico e da alcuni sindaci di sinistra che erano in competizione con il capoluogo abruzzese è molto chiara: la città è stata favorita dal governo nazionale in chiave elettorale. Da Rimini, una delle città finaliste, il sindaco dem Jamil Sadegholvaad, ha parlato esplicitamente di "invasioni di campo preventive", nonché di "illazioni e ombre che hanno velato la coda finale di quella che per i territori candidati non è una semplice competizione". Ben più esplicito Andrea Gnassi, ex sindaco di Rimini e attuale deputato del Pd, che si domanda (a dir poco retoricamente): "È solo un caso che, a pochi giorni dalle elezioni in Abruzzo, il titolo sia stato conferito proprio a L'Aquila? Negli ultimi mesi – è l'attacco frontale – Fratelli d'Italia, con la complicità del ministro Sangiuliano, ha usato il titolo di capitale della cultura per finalità elettorali".

Insomma non è stato il progetto "Città Multiverso" - ambizioso programma di sperimentazione artistica che vuole essere modello di rilancio socioeconomico territoriale a base culturale - a contribuire al successo dell'Aquila, bensì una decisione che sarebbe stata assunta dall'esecutivo presieduto da Giorgia Meloni come una sorta di "voto di scambio". Tuttavia il ragionamento non può stare minimamente in piedi per almeno due motivi: se il governo avesse voluto trarre veramente un vantaggio elettorale dall'Abruzzo avrebbe conferito il titolo di Capitale italiana della Cultura 2026 prima che si aprissero le urne delle Regionali in Centro Italia e non dopo, quando ormai la proclamazione non poteva più in alcun modo influenzare la recente scelta degli elettori abruzzesi chiamati al voto.

C'è poi inoltre da sottolineare un altro elemento. Insieme a L'Aquila c'erano in lizza altre nove città candidate. Di queste dieci finaliste, sei amministrazioni vedono chiaramente alla propria guida sindaci di centrodestra (Aquila, Alba, Gaeta, Latina, Treviso) e solo due in mano al centrosinistra (Agnone, Rimini). Le altre in ballo - Maratea, Lucera e molte delle località appartenenti all'Unione dei comuni Valdichiana Senese - fanno riferimento a più generiche lista civiche. Naturalmente il progetto proposto è stato indubitabilmente l'elemento esclusivo nella valutazione dei rispettivi comuni finiti nella decina finale per potere conferire questa prestigiosa onorificenza al capoluogo dell'Abruzzo, come si può leggere nelle motivazioni ufficiali diramate.

Ma anche seguendo un mero "calcolo delle probabilità", era molto più semplice prevedere che il titolo sarebbe finito in una città governata dal centrodestra. Altrimenti - se si seguissero i sospetti della sinistra - allora chiunque potrebbe riterenere che le assegnazioni dei comuni all'epoca a guida Pd che in passato avevano vinto questa sfida (Pesaro, Bergamo, Brescia, Parma, Palermo) fossero dettate da motivazioni elettorali, in quanto a Palazzo Chigi prima del 2022 c'è sempre stato un premier dem che ha voluto pervicacemente favorire un'amministrazione locale sua amica.

Tutte illazioni che non possono avere alcun senso: e infatti solo i rappresentati del Pd possono avere la faccia tosta di arrivare a queste surreali conclusioni.

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