La stanza di Feltri

L'odio scivola via a chi ama la libertà

Anche a me l'odio appare come il sentimento più inutile e incomprensibile di cui sia capace l'essere umano

L'odio scivola via a chi ama la libertà

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L'odio scivola via a chi ama la libertà

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Illustre Direttore Feltri,
anche da morto il cavaliere Silvio Berlusconi è oggetto di attacchi da parte dei suoi storici detrattori. Ma forse questo non dovrebbe neppure stupirci, lo sappiamo che i lupi perdono il pelo e mai il vizio. Mi sorprende però che ad essere osteggiati dai cosiddetti radical-chic siano persino coloro che esprimono commozione per la scomparsa di Berlusconi, o che chiedono che gli venga dedicata una via, o che, come nel caso dell'attore Giancarlo Giannini, ne ricordano pensieri e parole. Perché tutto questo odio? Perché? Non capisco.
Simona De Martino

Gentile Simona,
anche a me l'odio appare come il sentimento più inutile e incomprensibile di cui sia capace l'essere umano. Esso nuoce sia a chi lo prova sia a chi ne è destinatario, ma soprattutto al primo. Di recente qualcuno mi ha raccontato una sorta di novella o aneddoto orientale, che desidero condividere con te. Buddha un giorno fu insultato da un uomo, il quale non digeriva la buona reputazione di cui Buddha godeva. Quest'ultimo rimase impassibile. Appena il tizio smise di sommergere Buddha di improperi, questi disse: «Posso farti una domanda?». Il signore acconsentì. E Buddha domandò: «Se qualcuno ti offre un dono e tu lo rifiuti, a chi appartiene quel dono?». L'uomo rispose: «Appartiene alla persona che lo ha offerto». E Buddha: «Giusto, ecco perché l'odio che rechi continua ad appartenere a te». Per me questa storiella è stata illuminante: quello che non accettiamo non può appartenerci, sia che si tratti di cose sia che si tratti di rabbia, rancore, livore, acredine, cattiveria. Dobbiamo imparare a farci scivolare addosso tutto ciò che di negativo ci viene indirizzato.

Per quanto mi sia incomprensibile l'odio, ho capito che esso sorge sempre dall'invidia. Va da sé che un essere umano, uomo o donna, tanto più si distingue dalla massa ed emerge tanto più sarà bersaglio di ogni sorta di angheria. È questo il caso del fondatore di Forza Italia. L'intolleranza da parte della sinistra nei suoi confronti è così grande da perdurare ben oltre la morte proprio perché la straordinarietà di Silvio Berlusconi è gigantesca. Persone di tale statura sono tanto amate quanto odiate. Facciamocene una ragione.

Per quanto riguarda il mio amico Giancarlo Giannini, trovo assolutamente ingiusto che venga redarguito dalla stampa rossa poiché oggi, in occasione del Berlusconi-day di Paestum, festa in memoria del Cavaliere coincidente con l'anniversario della sua nascita, l'attore leggerà il discorso sulla pace e sull'immigrazione che Silvio pronunciò nel 2006 negli Stati Uniti, un discorso che Giannini giudica «bellissimo». Secondo i progressisti, essendo un attore ed essendo gli attori di sinistra (non si capisce perché viga questo obbligo o questa tradizione), Giannini dovrebbe astenersi dal compiere un atto simile, ritenuto indecente, vergognoso, quasi sacrilego. Giancarlo, dal canto suo, fa notare che egli, proprio perché è un attore, interpreta da sempre monologhi, anche di personaggi politici o legati alla politica. Non si afferra perché la sinistra pretenda di avere una specie di egemonia culturale e si erga ad arbitro indiscusso di ciò che è morale e di ciò che è immorale, di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto, di ciò che si può fare e di ciò che non si può fare, di ciò che si può pensare e di ciò che non si può pensare, di ciò che si può dire e di ciò che non si può dire. Non se ne può più di questa continua repressione della libertà di pensiero, parola ed espressione condotta dai progressisti con la presunzione di essere depositari della verità assoluta.

Giannini non ci sta. Si ribella. Afferma la sua libertà di attore e, prima di tutto, di essere umano. E replica a Repubblica: «Della politica non me ne frega niente». Ed io so quanto questa affermazione sia vera. Ricordo le nostre cene, eravamo tra noi, io, Giancarlo, Umberto Veronesi, a casa del vignettista Giorgio Forattini. Si rideva e si discuteva di tutto, pure di politica, ma non con la rabbia e l'ideologismo imperanti oggigiorno. Non ci interessava sapere o specificare chi di noi fosse di destra e chi di sinistra. Sorridevamo dei politici a prescindere dal loro colore. E stimavamo sinceramente alcuni di loro, sempre a prescindere dal loro colore. Eravamo felici. Incapaci di provare odio.

Anche questa è libertà.

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