Guerra in Ucraina

Magnate russo in fuga, i giudici di Milano contro Nordio: il ministero sapeva

Scappato il 22 marzo dall'Italia dove era agli arresti domiciliari, Artem Uss è ora riapparso a Mosca. Chi è il responsabile della fuga? Lo scontro tra il Guardasigilli e la Procura milanese

Magnate russo in fuga, i giudici di Milano contro Nordio: il ministero sapeva

I giudici di Milano non ci stanno ad essere indicati dal governo come i principali responsabili della fuga dall’Italia di Artem Uss, l’uomo d’affari russo scappato il 22 marzo dalla casa dove era agli arresti domiciliari e riapparso poco dopo a Mosca. All’indomani dell’annuncio del ministro Carlo Nordio dell’avvio di una ispezione su quanto accaduto negli uffici giudiziari milanesi, la Corte d’appello affida la sua ricostruzione dei fatti alla relazione inviata martedì scorso a Nordio, dopo la richiesta di chiarimenti avanzata dal ministro. In tre pagine di relazione, il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei rivendica la correttezza dell’operato del suo ufficio e in qualche modo rilancia la palla a Nordio. Il ministro, scrive in sostanza Ondei, era al corrente sia degli arresti domiciliari concessi a Uss sia delle preoccupazioni degli americani, che avevano chiesto l’estradizione del magnate e temevano la sua sparizione. Eppure, sottolinea il magistrato, il ministero non impugnò, come avrebbe potuto, la decisione della Corte, e tranquillizzò il dipartimento di giustizia Usa sulla efficacia della misura di sicurezza.

Il documento chiave, in questa ricostruzione, è la lettera che il ministero invia il 6 dicembre agli americani. Nella lettera di risposta alle preoccupazioni statunitensi, Roma spiega che i domiciliari sono stati concessi dalla Corte d’appello milanese, unica ad avere competenza decisionale in materia di estradizione. Ma il ministero aggiunge che nell’ordinamento italiano i domiciliari sono equiparati al carcere, e che nel caso di Uss sono resi ancora più sicuri dal braccialetto.

Né il ministero né la procura generale di Milano, sottolinea Ondei, hanno ricorso contro la nostra decisione. Come va a finire è noto: il 22 marzo poco dopo le 13 Uss acceca il braccialetto, alle 13,52 scatta l’allarme nella centrale operativa dei carabinieri che allertano la compagnia di zona. La pattuglia di fionda a casa del russo, ma dell’uomo nin c’è già più traccia.

Nella relazione si sottolinea anche come i domiciliari siano stati concessi a Uss, in attesa della decisione sulla estradizione, perché ne ricorrevano tutti i presupposti: la presenza in Italia di moglie e figli, una abitazione stabile e di proprietà, numerosi interessi economici. Affari e legami che, evidentemente, non hanno dissuaso l’uomo dal fuggire.

Anche perché la prospettiva era di finire sepolto in una galera a stelle e strisce.

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