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"Meloni fa la lotta all’antimafia". L’ultimo delirio di Conte contro il governo

Il numero uno pentastellato accusa l'esecutivo: "Interi settori della maggioranza sono più concentrati a far la guerra all'antimafia che mettere all'angolo mafiosi"

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L’esecutivo di centrodestra intento a delegittimare i magistrati con i test psicoattitudinali. La maggioranza di governo, invece, intesa come una coalizione che, invece di opporsi ai veri mafiosi, fa guerra all’antimafia. La premier Giorgia Meloni, ovviamente, descritta come deus ex machina dell’intera organizzazione. Ecco, in poche parole, il “fantastico” mondo del numero uno pentastellato Giuseppe Conte. La sua intervista a Repubblica è un mix di demagogia politica di rito e nuove accuse gravissime nei confronti del governo.

Il copione, come al solito, è già scritto. Ma il leader del Movimento massimalista a cinque stelle, a differenza delle solite sceneggiate parlamentari, prova ad aggiungere un po' di salsa. Una giostra di accuse infondate e politicamente pesantissime. A partire dall’annoso tema della guerra trentennale tra giustizia e politica. Conte soffia sul fuoco delle polemiche e attacca la decisione del governo di introdurre i test psicologici ai magistrati. “Questo governo mira ad assoggettare il potere giudiziario, secondo una logica di subordinazione seguita da tutti coloro che, da Gelli in giù, hanno lavorato per condizionare i processi”, esordisce l’ex primo ministro. E, come se non bastasse, rilancia: “Questa maggioranza vuole scardinare il nostro ordinamento costituzionale, i principi dell’autonomia della magistratura e della legge ‘uguale per tutti’”.

Ma questo è ancora nulla rispetto al messaggio indirizzato all’esecutivo. Rispetto all’importantissima lotta alla mafia, secondo l’ex avvocato del popolo, "il governo Meloni sta indebolendo le norme anticorruzione e spuntando le armi della magistratura, un pezzo alla volta”. Poi, a stretto giro, arriva l’accusa gravissima: “La verità è che interi settori della maggioranza sono più concentrati a far la guerra all'antimafia che mettere all'angolo mafiosi e corrotti". Dichiarazioni che, se da un lato superano i limiti della contestazione politica democratica, dall’altro non trovano riscontro nella realtà. La giustificazione di Conte, infatti, è una pezze peggiore del buco. “Guardi gli attacchi ignobili nei confronti del vicepresidente dell’Antimafia Cafiero de Raho. La maggioranza sta strumentalizzando per mettere in discussione l’intera struttura”.

Una ricostruzione quantomeno surreale: ala pericolosa questione “dossieraggio”, l’esecutivo di centrodestra non ha mai lasciato trasparire la volontà di processare l’intera struttura anti-mafia. Ma Conte non ci sta e conclude: “Nessuno può restare alla finestra ad osservare, pena la corresponsabilità. Occorre una mobilitazione dentro e fuori dal Parlamento”. Et voilà. In un colpo solo Conte prova a mettere nel mirino sia l’esecutivo sia la leader di FdI, volutamente descritta come la mente dietro all’intero smantellamento della legislazione anti-mafia e anticorruzione.

Una narrazione irreale e politicamente azzardata.

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