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"Non resto da prigioniero politico". L'ultimo delirio di Lucia Annunziata

Ancora prima delle dimissioni, il vittimismo targato Lucia Annunziata era già cominciato: "Io non farò la prigioniera politica"

"Non resto da prigioniero politico". L'ultimo delirio di Lucia Annunziata

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“Io non farò la prigioniera politica”. Il vittimismo di Lucia Annunziata, dopo le dimissioni volontarie dalla Rai, ha un risvolto a tratti comico e surreale. Dopo aver fatto informazione militante per trent’anni consecutivi, dopo aver usato la sua trasmissione da grancassa della sinistra, dopo aver attaccato, senza mezze misure, qualsiasi esponente che non fosse di sinistra-sinistra, ora scopriamo che Lucia Annunziata era un “prigioniero politico”. Un dissidente interno al regime da trent’anni, o meglio, da quando Giorgia Meloni ha vinto le elezioni e il centrodestra governa il Paese. Sette mesi hanno trasformato una giornalista faziosa di sinistra in un prigioniero politico “costretto” a dimettersi. Nulla di più surreale.

Il delirio della Annunziata

Se ieri sono arrivate le dimissioni, il martirio ufficiale targato Annunziata è cominciato da molto prima. “Io non farò la prigioniera politica”, queste le parole rivelate da Repubblica, che Annunziata avrebbe confidato agli amici, preoccupata che la permanenza alla guida di Mezz’ora in più l’avrebbe costretta a regole non in sintonia con la sua storia. E in effetti ieri è arrivato l’addio ufficiale con tanto di lettera dura e puntigliosa:“Dimissioni irrevocabili. Vi arrivo -ha spiegato - perché non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, né sui contenuti né sui metodi, in particolare non condivido le modalità dell’intervento sulla Rai”.

Se le dimissioni sono legittime, e ci mancherebbe altro, la storia scritta dalla giornalista ha più di qualche inesattezza. Innanzitutto presentare le manovre di lottizzazione di Viale Mazzini, sede della Rai, come un unicum delle destre non solo è disonesto, ma è anche semplicemente falso. Lo spoil system, pratica che può piacere o meno, esiste da sempre e la sinistra, più o meno volontariamente, l’ha sempre utilizzata a suo favore. Inoltre, la storia commuovente del dissidente politico può essere una narrazione strumentale alla sinistra, ma non rispecchia la realtà dei fatti. Solo due mesi fa, durante l’ennesimo attacco frontale nei confronti di un esponente politico di destra, Annunziata aveva aggredito verbalmente il ministro della Famiglia Eugenia Roccella sul tema spinoso dei diritti civili, con tanto di parolaccia in diretta nazionale.

Il vittimismo della sinistra

Questa narrazione, inutile nascondersi dietro a un dito, fa comodo alla sinistra e a tutta l’opposizione dell’esecutivo Meloni. I commenti a margine delle dimissioni di Lucia Annunziata sono un tripudio di vittimismo. Il Partito democratico, nella giornata di ieri, parlava di occupazione della Rai da parte della destra allo scopo di indebolire la tv pubblica. Elly Schlein, ovviamente, rincarava la dose: "Questa strategia - affermava la segretaria dem - è un impoverimento della Rai, sempre che questo non sia l’obiettivo del governo”.

Le prime pagine dei giornali “progressisti” di questa mattina non sono da meno. Il titolo di Repubblica è autoesplicativo: TeleMeloni”. Le analisi e i commenti de La Stampa sono altrettanto faziosi. “Dalla Tv di Stato alla Tv di Giorgia”, spiega il titolo di un commento del quotidiano torinese. E ancora:“Come si può uccidere il servizio pubblico”.

In assenza di contenuti netti, la sinistra torna nel suo habitat naturale: il vittimismo politico.

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