Gianni Letta: "Spero che lassù possa chiarirsi con Berlusconi". Quel rapporto travagliato tra i due

Presidente della Repubblica uno, premier l'altro. Tra i due, strette di mano, incomprensioni, confronti rispettosi e tensioni. Il complesso rapporto tra Napolitano e Berlusconi

Gianni Letta: "Spero che lassù possa chiarirsi con Berlusconi". Quel rapporto travagliato tra i due

Politicamente distanti, ma vicini nella (non sempre serena) convivenza tra i rispettivi ruoli istituzionali. Presidente della Repubblica uno, premier l'altro. Tra i due, corsi e ricorsi storici: strette di mano, incomprensioni, confronti rispettosi e tensioni. "Mi piace immaginare che incontrandosi lassù, possano dirsi quello che non si dissero quaggiù". Gianni Letta ha provato a immaginarserlo, quel possibile incontro tra Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi nell'aldilà. Alla cerimonia funebre per il compianto Capo di Stato, l'ex sottosegretario alla Presidente del Consiglio nei governi del Cavaliere ha tracciato così un ricordo delle relazioni tra i due uomini politici, protagonisti di alcuni dei passaggi più delicati e decisivi della recente storia repubblicana.

La stretta di mano nel 94

Perché in effetti i rapporti tra Napolitano e Berlusconi furono così articolati da sfuggire ai canonici incasellamenti della politica spicciola. Tra i due non ci fu mai piena e totale sintonia, se non altro per le differenti radici politiche: il primo era un comunista, il secondo un liberale convinto. Eppure non mancarono momenti in cui quei due mondi così distanti tra loro riuscirono a trovare un qualche equilibrio. Il primo vero contatto politico tra Giorgio e Silvio avvenne nel 1994, quando il Cavaliere era appena diventato premier battendo la "gioiosa macchina da guerra" rossa di Occhetto. In un intervento in Aula non previsto dal gruppo, Napolitano annunciò sì la sfiducia dei post-comunisti al primo governo Berlusconi, ma lo fece auspicando un confronto rispettoso e costruttivo tra maggioranza e opposizione. Parole non scontate, visto che in quel momento la sinistra descriveva il neoeletto premier come il "Cavaliere nero", ovvero come un elemento pericoloso per la democrazia.

La mossa che portò Napolitano al Colle

Così, con un gesto inaspettato, Berlusconi si alzò dai banchi del governo e andò a stringere la mano a Napolitano, testimoniando il suo apprezzamento per quello stile politico rispettoso, pur nelle reciproche diversità. In quel periodo, il leader di Forza Italia e neo-premier si propone anche all'esponente di sinistra uno dei due posti spettanti all'Italia nella Commissione dell'Unione Europea. Poi però, su insistenza di Marco Pannella, quel posto viene assegnato a Emma Bonino (e l'altro va a Mario Monti). Cambio di scena: siamo nel 2006 e l'Italia si appresta all'elezione di un nuovo presidente della Repubblica. La sinistra di Romano Prodi punta le sue fiches su Massimo D'Alema, ma Berlusconi si smarca. Al momento del voto, Giorgio Napolitano ottiene il prestigiosissimo incarico con 543 voti su mille presenti. Le schede bianche sono 347, attribuite dai retroscenisti proprio ai berlusconiani.

I contrasti politici

Nel frattempo - e siamo al 2008 - il Cavaliere torna a palazzo Chigi e i rapporti con Napolitano, intanto ambientatosi al Quirinale, si intensificano. Tra alti e bassi. L'allora Capo dello Stato infatti firma il cosiddetto lodo Alfano, contestatissimo dalla sinistra, aggiungendo una inusuale nota per motivare quella sua decisione. In quel periodo, però, Napolitano boccia il decreto Englaro, che sospendeva la decisione del tribunale di interrompere la nutrizione forzata per la ragazza in coma da anni. Tra il Quirinale e palazzo Chigi è scontro aperto e il Cavaliere, seccatissimo, non manca di pungolare il Colle. Nel 2010 l'attualità politica porta invece alla rottura fra Berlusconi e Gianfranco Fini, il quale fonda un nuovo partito e punta a mettere in crisi il governo. In quel caso, però, il Capo dello Stato (ritenuto dal Cav parte in causa) rinviò di un mese il voto di sfiducia, per dare la precedenza all'approvazione della manovra finanziaria. Questo consentì al Cavaliere di fare meglio i conti parlamentari e preservare la tenuta dell'esecutivo.

La "congiura" anti-Berlusconi del 2011

Da sinistra qualcuno mugugnò che Napolitano fece un favore a Berlusconi; in realtà i rapporti tra i due si sarebbero inaspriti particolarmente di lì a pochi mesi. Nell'estate del 2010 esplode infatti una crisi internazionale e in Italia le vicissitudini politiche portano alla precipitosa destituzione del governo Berlusconi, peraltro con modalità e retroscena a dir poco controversi. "Colpa di una congiura, politica, mediatica e internazionale", denunciò il Cavaliere, accusando Napolitano di non aver impedito quelle circostanze. E del resto vari testimoni sostengono che l'allora Capo dello Stato non si oppose all'arrivo del governo tecnico di Mario Monti, ma anzi lo incoraggiò. Da quel momento, le distanze tra Napolitano e Berlusconi si accentuarono.

Il Napolitano bis

Lo strappo, tuttavia, non impedisce al Cavaliere di votare nel 2013 per il Napolitano bis, con un gesto di maturità istituzionale. Il Cavaliere, lo stesso anno, chiederà con forza la grazia per la condanna subita sui diritti Mediaset. Silvio però rifiuta le condizioni - ritenute tutte politiche - poste dal Colle. "Napolitano aveva il dovere morale di assegnarmi la grazia motu proprio", disse l'ex premier in un'intervista, ribadendo l'accusa al Capo dello Stato di essere stato "già dal 2010 parte attiva affinché il presidente della Camera, Fini, spostasse una parte dei suoi in Parlamento a sinistra, formando una nuova maggioranza rispetto a quella eletta".

Pur nel garbato rispetto che i due esponenti politici avevano l'uno dell'altro - i rapporti umani mai trascesero, riferiscono i ben informati - quegli antichi contrasti non furono mai dissipati del tutto.

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