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Superbonus, l’ennesima prova della truffa: 11mila imprese "apri e chiudi"

La misura tanto elogiata da Giuseppe Conte ha causato un enorme buco nel bilancio dello Stato e continuano a emergere criticità

Superbonus, l’ennesima prova della truffa: 11 mila imprese “apri e chiudi”

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Superbonus, l’ennesima prova della truffa: 11 mila imprese “apri e chiudi”

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Il premier Giorgia Meloni ha definito il superbonus 110 per cento“la più grande truffa ai danni dello Stato” ed è difficile, se non impossibile, non condividere il suo punto di vista. La misura grillina entrata in vigore nel luglio del 2020 ha causato un enorme buco nel bilancio dello Stato senza mai produrre effetti positivi, se non quello di consentire a Giuseppe Conte di fare la campagna elettorale con il ritornello del "gratuitamente". Anzi, grazie alle norme scritte con i piedi, sono state agevolate operazioni speculative, sprechi e vere e proprie frodi, senza dimenticare l'effetto dopinge del mercato degli affitti. E le criticità continuano a emergere: grazie al bonus pentastellato, il contatore delle imprese edili "apri e chiudi" fa segnare quota 11 mila.

Un dato spaventoso, che certifica ancora una volta il flop della misura bandiera di Giuseppi. Come evidenziato dal Sole 24 Ore grazie all'analisi di InfoCamere su dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, molti soggetti si sono iscritti al Registro per esercitare un’attività nei codici Ateco dell’edilizia, dalle costruzioni più pure fino all’impiantistica, in tutte le sue forme, solo per intascare l'incentivo made in 5 Stelle. Ma le realtà sono durate poco, pochissimo, appena pochi mesi. "Purtroppo è un numero che non ci sorprende e che ricorda quello che era già successo ai tempi del bonus facciate", l'amara riflessione della presidente Ance, Federica Brancaccio: "È un dato che corrisponde alla realtà del mercato, perché noi abbiamo visto troppi casi di imprese nate dal nulla, arrivate alla Camera di commercio dalla sera alla mattina per gestire anche lavori da milioni di euro. Sin dall’inizio avevamo chiesto che a eseguire lavori per il mercato privato con accesso ai bonus edilizi fossero imprese qualificate; sarebbe interessante capire anche quante frodi sono attribuibili a queste imprese".

L'elaborazione tiene in considerazione solo le imprese iscritte dopo il settembre del 2020, ossia dopo l'entrata in vigore del superbonus, in una fase in cui non vi erano limiti particolari all'utilizzo delle agevolazioni. Soggetti nati con l'obiettivo di intercettare un mercato nuovo (e conveniente) smascherati dall'intervento di Mario Draghi, altro grande critico della misura grillina. Con il decreto n. 21/2022 è stato disposto che solo i titolari di una qualificazione Soa potevano realizzare lavori di importo superiore a 516mila euro che accedevano a bonus edilizi.

Un obbligo entrato in vigore troppo tardi secondo Brancaccio, considerando ha iniziato a svolgere i primi effetti solo nel gennaio del 2023: "Si è trattato di una misura blanda e tardiva, perché ha riguardato solo i lavori sopra i 516mila euro ed è arrivata solo quando i buoi erano già scappati dalla stalla". Il taglio del superbonus annunciato e realizzato dal governo Meloni - prima il taglio al 90 per cento a fine 2022 e poi al 70 per cento a fine 2023 - ha portato molte di quelle aziende "apri e chiudere" ad abbandonare il settore.

Con buona pace delle sparate grilline.

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