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Tossicodipendenze e sovraffolamento. Il piano di Delmastro sulle carceri

Il sistema carcerario italiano è prossimo al collasso. Unire terzo settore, carceri e Stato per risolvere il problema è la soluzione del sottosegretario alla giustizia Delmastro

Tossicodipendenze e sovraffollamento. Il piano di Delmastro sulle carceri

Le carceri italiane vivono un periodo di profonda crisi. Solamente nel 2022 hanno deciso di togliersi la vita all'interno dei penitenziari italiani ben 84 persone, il dato più alto dal 2000, ossia da quando i dati sono stati resi pubblici. A rendere il clima così complicato sono diversi motivi, i principali: sovraffollamento e tossicodipendenze. Proprio su questo il governo Meloni, con il sottosegretario Delmastro, vuole intervenire.

L'emergenza

La Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, del Dipartimento politiche antidroga di Palazzo Chigi, mostra uno scenario emergenziale all'interno delle carceri italiane.

A fronte di una capienza regolare di 51.285 detenuti, i penitenziari italiani ospitano 56.319 persone. Sono, invece, 18.884 i reclusi che hanno commesso reati legati agli stupefacenti. Ad avere problemi di tossicodipendenza è il 28% dell'intera popolazione carceraria, concretamente si tratta di 15.244 carcerati. Il 97% sono uomini. Il 33% stranieri. Un numero a cui è impossibile offrire dei trattamenti farmacologici e psicologi dal momento che sono solo tre gli istituti dedicati. Solo nel 2021, invece, sono 13.099 le persone entrate in una casa di reclusione con problemi di dipendenza, vale a dire il 36% degli ingressi totali. Quasi tutti (15.851) assumono crack o cocaina. Dopo queste sostanze, per diffusione, vi è l'eroina. Di quei 84 suicidi sopracitati, secondo l'associazione Antigone, il 18,9% riguardava tossicodipendenti in trattamento.

Il sovraffollamento, inoltre, non è ben distribuito ma è più grave in alcune prigioni che in altre. Ad esempio, Regina Coeli, Monza e Foggia hanno raggiunto il 150% della capienza.

Come vuole intervenire il governo

Il governo Meloni ha ben chiara la situazione. Per questo motivo, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro sta dando vita a un progetto che riesca ad unire: carceri, terzo settore e Stato. Un'iniziativa condivisa con il ministro Carlo Nordio che ha come fine il riuscire a raggiungere "non solo la certezza della pena ma anche un'offerta di maggiori garanzie ai cittadini".

Intervistato da il Messaggero, il sottosegretario Delmastro crede che il sovraffollamento sia risolvibile affrontando il problema delle dipendenze: "Se poi si aggiunge che la legge di riferimento attuale è il dpr del 1990 in cui si indica che i tossicodipendenti dovrebbero stare in istituti idonei per programmi terapeutici e di riabilitazione, è chiaro che il sistema non funziona. Quella era l'epoca in cui si riteneva che lo Stato potesse fare tutto, e quindi si immaginarono strutture apposite che non sono mai state create". Motivo per cui è necessario quanto prima cambiare prospettiva, anche in merito al fine rieducativo della pena. "Dobbiamo comprendere che per un tossicodipendente che ha commesso reati legati all'approvvigionamento economico per procurarsi la droga, il fine rieducativo della pena non sta nel fatto che conosca a memoria la Costituzione o abbia partecipato ad un ottimo corso di ceramica. La priorità per loro è la disintossicazione", chiarisce Delmastro. L'intenzione è di creare un percorso alternativo alla detenzione che "immagina di coinvolgere il terzo settore, quelle comunità chiuse in stile Muccioli (il fondatore di Sanpatrignano)". Una modalità che permetterebbe a tutti di vincere. Il detenuto avrebbe la possibilità di disintossicarsi. Il terzo settore potrebbe guadagnare "per indotto e investimenti". Mentre lo Stato riesce a prendersi "meglio cura dei cittadini e risolvere il problema del sovraffollamento". Senza dimenticare che i costi diminuirebbero: in media vengono spesi 137 euro al giorno per un detenuto. Per un detenuto tossicodipendente, invece, la spesa è nettamente superiore.

Come funziona

Il giudice può sostituire in sentenza i giorni di carcere indicati con un numero uguale presso una comunità protetta. In altre parole, se si riceve una condanna di tre anni, potrà scontarli lì. "Se poi impieghi 8 mesi a disintossicarti - continua il sottosegretario - per il tempo restante la comunità ti aiuterà a formarti e a trovare lavoro". Allo stesso tempo, però, se si sbaglia non ci sono seconde possibilità: "Se commetti un reato e torni in carcere da tossicodipendente dopo aver scontato la pena in una struttura di questo tipo, devi affrontare l'iter normale". Inoltre, in merito alla possibilità che qualcuno evada afferma: "La comunità sarà controllata 24 ore su 24, se scappi hai bruciato la tua seconda possibilità e sarai perseguito per il reato di evasione. E lo Stato, come un buon padre di famiglia, non potrà più fidarsi. Su questo non transigo".

Le possibili difficoltà

Il sottosegretario afferma di star limando i dettagli ma che da un punto di vista ideale c'è totale condivisione sia con il Presidente del Consiglio Meloni che con il ministro Nordio. Allo stesso tempo, però, per comprendere al meglio la sua attuazione è necessario interpellare il terzo settore e "le Regioni che hanno la delega alla Sanità" perché "dovranno certificare le cooperative e controllarne la gestione". Sarà con loro e con la magistratura di sorveglianza che aprirà un tavolo di dialogo. Inoltre, il fatto che ad oggi non ci siano i posti necessari non sembra intimorire. "Qualunque cooperativa, in presenza di accordi ben definiti con lo Stato, avrà l'interesse ad affittare o acquistare un immobile per mettersi al servizio. L'Italia, in provincia o poco fuori dalle città, è piena di strutture industriali o ex turistiche da riconvertire", dichiara sempre Delmastro. A chi gli fa notare che un sistema simile già esiste ed è la custodia attenuata ma che se ne fa poco ricorso risponde: "C'è poca cultura in questo senso. Ma soprattutto sono così poche che se un detenuto accetta di risiedervi deve allontanarsi molto dalla rete familiare. Mentre con il nostro meccanismo in moto, immagino che più o meno accanto a ogni istituto penitenziario può nascere una struttura. E poi il padiglione della custodia attenuata è all'interno di un circuito carcerario che diciamo spesso essere nocivo. Per cui noi proviamo anche a tirartene fuori". Per quanto riguarda i tempi, il ministero di via Arenula sembra non avere fretta.

"Non è importante se lo realizziamo entro due o tre mesi, ma è una traccia del nostro governo che vogliamo lasciare", conclude Delmastro.

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