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Ombre tedesche sul trattato di Dublino: così è diventato una trappola per l'Italia

Nei suoi oltre 20 anni di vita il trattato di Dublino ha mostrato tutti i suoi limiti, scaricando la pressione migratoria sulla sponda Sud dell'Ue, Italia in testa. Dagli errori di Letta alla difficile modifica ecco come ci penalizza

L'ombra tedesca sul trattato di Dublino: così è diventato una "trappola" per l'Italia

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L'ombra tedesca sul trattato di Dublino: così è diventato una "trappola" per l'Italia

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"Decidiamo noi chi entra in Europa, non i trafficati". Parole indiscutibili quelle della presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen, peccato che la destinazione di chi entra sia sempre l'Italia. L'emergenza a Lampedusa delle ultime settimane è solo l'ultimo capitolo di un problema che si trascina da anni, con il nostro Paese in prima linea nell'emergenza e che spesso e volentieri è stato abbandonato da Bruxelles.

Il nodo di questa emergenza è sempre lo stesso, il trattato di Dublino. Quel trattato definito "preistorico", dal presidente Sergio Mattarella durante l'incontro con l'omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier. Quell'accordo che stabilisce criteri e meccanismi per determinare lo Stato dell'Ue competente ad esaminare le richieste di asilo presentate da persone che non fanno parte dell'Unione. Un patto messo nero su bianco in anni non sospetti dato che la prima versione risale al 1990 con successiva entrata in vigore nel 1997. I problemi per l'Italia sono però arrivati molti anni dopo quando la pressione migratoria è aumentata.

Come nasce il Trattato

La scelta di votare un trattato simile doveva porre fine all'"asylum shopping", la pratica di presentare domanda di protezione in più Paesi, una mossa che di fatto creava le condizioni per un'eccessiva circolazione dei richiedenti asilo in giro per l'Europa in attesa che uno dei Paesi accogliesse la domanda.

Così Bruxelles ha partorito un accordo con all'interno una clausola semplice quanto nefasta per l'Italia e cioè che "lo Stato membro la cui frontiera è stata varcata illegalmente dal richiedente" sia l'unico in cui presentare la domanda di asilo. Una vera bomba perché di fatto ha scaricato tutta la responsabilità dell'accoglienza sui Paesi del fronte sud dell’Europa: Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro.

Tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del 2000 la dimensione del fenomeno migratorio non aveva le proporzioni di quelle attuali, scoppiate dopo il 2014. Poi nel 2013 è arrivato un rinnovo del trattato che ha introdotto altri parametri per determinare in quale Paese presentare la domanda, come uno legato ad eventuali permessi pregressi e uno ai ricongiungimenti famigliari. Poco per una riforma strutturale che non mettesse la sponda sud dell'Europa sotto pressione.

Le riforme fallite dell'Ue

Da tempo Dublino ha mostrato tutta la sua inefficacia e soprattutto i danni per l'Italia. Serve una riforma e a dirlo non è solo il governo Meloni in prima linea contro l'emergenza, ma l'Europa stessa. Nel sito del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo si legge chiaramente come "la crisi migratoria ha messo in evidenza i limiti del sistema attuale, che comporta un onere per gli Stati membri in prima linea". Parole sagge che però sanno di beffa se si pensa a come una riforma del sistema di asilo sia in alto mare.

Sempre la Commissione scrive: "Per equilibrare l'attuale sistema in base al quale pochi Stati membri sono competenti per la maggior parte delle domande di asilo, è stato proposto un nuovo meccanismo di solidarietà semplice, prevedibile e praticabile. Le nuove norme coniugano solidarietà obbligatoria e flessibilità per gli Stati membri per quanto riguarda la scelta dei contributi individuali", anche qui principi che potrebbero far rifiatare l'Italia ma che restano disattesi.

Il ruolo ombra della Germania

Oggi i tentativi di riforma sono impantanati. Qualche giorno fa il parlamento Ue ha sospeso un negoziato sul testo per creare database come riflesso dello stallo al Consiglio Ue sul negoziato per un nuovo testo sulla regolamentazione delle crisi migratorie. Una farraginosità difficile da superare.

Bruxelles sa che la riforma è necessaria ma per ora lo ha dimostrato a parole. Trovare una quadra su un possibile Dublino 4 è complesso anche per la natura stessa del trattato. La ratio dietro quel accordo non nasconde il fatto che fosse plasmato soprattutto ad uso e consumo della Germania. E a dirlo non sono complessi retroscena politici, ma la geografia. Ancorando l'accordo all'accoglienza nel Paese di primo ingresso Berlino è a riparo da tutti i fronti, l'Italia copre da Sud, la Spagna e Francia da Ovest e la Polonia da Est.

Una lunga fascia cuscinetto con una comodità che difficilmente Berlino lascerà andare.

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