Letteratura

"Quei libri erano propaganda": cosa c'è dietro questi capolavori della letteratura

Da mezzo anti-autocrati a emblema della cultura occidentale: in diversi casi i romanzi hanno rappresentato l’arma più importante della propaganda strategica

"Quei libri erano propaganda": cosa c'è dietro questi capolavori della letteratura

Stalin considerava la letteratura come l’arma più importante della propaganda, tanto da descrivere gli scrittori come “gli ingegneri dell’anima umana”. Un romanzo come potente strumento politico, il pensiero del leader dell’Unione Sovietica, disposto a giustiziare gli autori le cui opere erano ritenute “traditrici”. Ma non era l’unico a pensarla così. Con toni decisamente più democratici, anche la Cia puntava con forza sulla letteratura come strumento di propaganda, arrivando a distribuire segretamente Il dottor Zivago (ne parleremo dopo) in Unione Sovietica.

Per molti esperti, i romanzi hanno un pregio rispetto agli altri mezzi di propaganda: un singolo libro può modificare sensibilmente l’atteggiamento e l’azione di un lettore. Al giorno d’oggi le grandi opere d’arte raramente si propongono di servire gli scopi di un governo (democratico), ma per quanto concerne il Novecento fioccano gli esempi. I governi incoraggiavano gli autori a realizzare scritti con fini politici, finanziandoli (o minacciandoli). La già citata Cia creò riviste letterarie ad hoc in Francia, Giappone e Africa, provando ad aggirare la censura degli autocrati e – soprattutto – promuovendo la cultura occidentale. E ancora, i servizi segreti britannici commissionarono opere di narrativa a sostegno dell'impero.

La Cia e il "dottor Zivago"

Emblematico il caso del già citato “Il dottor Zivago” di Boris Pasternak. Come ricordato dall’Economist, nel corso della Guerra Fredda la Cia cercò di indebolire la censura in Unione Sovietica promuovendo segretamente la circolazione di libro e riviste e “Il dottor Zivago” aveva un grande valore propagandistico secondo gli esperti statunitensi. Il romanzo venne soppresso per la “cattiveria” e la “non accettazione” del socialismo da parte di Pasternak. Il manoscritto venne contrabbandato in Italia, dove fu pubblicato nel 1957 grazie a Giangiacomo Feltrinelli e al suo agente Sergio D’Angelo, e la CIA colse “l’opportunità per indurre i cittadini sovietici a chiedersi cosa c’è che non va nel loro governo”. Il primo scontro culturale della Guerra Fredda.

Il caso di 100 anni di solitudine

Un altro romanzo strumento di propaganda è “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez. Gli Stati Uniti impedirono allo scrittore di entrare nel Paese per tre decenni a causa del suo coinvolgimento nel Partito Comunista colombiano negli anni Cinquanta. Eppure Mundo Nuevo, una rivista colombiana finanziata dalla Cia, stampò due capitoli del suo capolavoro un anno prima della pubblicazione del libro nel 1967. Gli estratti non includevano il resoconto del libro del “massacro delle banane” del 1928, in cui l’esercito colombiano, sollecitato dall’America ad agire contro i dipendenti della United Fruit Company in sciopero, ne uccise circa 75.

Ciò che Mundo Nuevo stampò furono descrizioni della Colombia nello stile che in seguito divenne noto come realismo magico. Nota per i suoi articoli filoamericani e anticomunisti, la rivista si aprì anche a lavori scritti da aderenti alla sinistra politica. Un agente della Cia definì l’approccio “fidelismo sin Fidel”, cioè il credo comunista di Fidel Castro senza il suo rivoluzionarismo antiamericano. García Márquez si infuriò nello scoprire che Mundo Nuevo era al soldo della Cia, rivelando al suo editore di sentirsi un cornuto.

Lolita a Teheran contro gli Ayatollah

Uno dei casi più recenti risale all’alba del nuovo secolo, al 2003. “Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi ripercorre la rivoluzione islamica e ottenne fin da subito un enorme successo negli Stati Uniti, rimanendo per 117 settimane nella lista dei bestseller del New York Times. Il libro dell’iraniana, prof di inglese, ripercorre la storia avvincente di otto donne iraniane che si incontrano segretamente per studiare i romanzi di Nabokov, Gustave Flaubert e Henry James, denunciando la teocrazia iraniana (come desiderato da Washington). Tra i ringraziamenti, quello alla Fondazione Smith Richardson, che cerca di “promuovere gli interessi e i valori degli Stati Uniti all’estero”, per una sovvenzione che l’ha aiutata a scrivere il libro.

Le trame contro Germania e la propaganda per l'Impero britannico

Dell’elenco di romanzi prestati alla propaganda fanno parte anche altre opere come “The Moon is Down” di John Steinbeck e “The Eyes of Asia” di Rudyard Kipling. Il primo, datato 1942, rispose direttamente alla necessità di una propaganda “immediata, controllata e ponderata” con una storia mirata a ispirare gli europei a ribellarsi contro i nazisti. Il secondo, invece, certifica il ruolo di Kipling come propagandista dell’impero britannico.

L’autore venne infatti reclutato durante la prima guerra mondiale per scrivere romanzi per minare il nazionalismo indiano: “The Eyes of Asia” altron on è che la raccolta di lettere private dei soldati indiani che combattevano in Francia e private di qualsivoglia sentimento filo-indiano o rivoluzionario.

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