Letteratura

"La ragazza del bosco": le nuove ipotesi dell'omicidio Serena Mollicone

Una ricostruzione chirurgica ed estremamente meticolosa nel libro "La ragazza del bosco, la verità oltre l'inganno: il caso di Serena Mollicone" (Piemme), sull'omicidio di Serena Mollicone, uno dei casi di cronaca nera che ha scosso per oltre venti anni l'opinione pubblica

"La ragazza del bosco": le nuove ipotesi dell'omicidio Serena Mollicone

Dall'esperienza di Roberta Bruzzone, psicologa forense, criminologa investigativa ed esperta in criminalistica applicata all’analisi della scena del crimine e di Federica Nardoni, avvocato penalista esperto in reati contro la persona, nasce: La ragazza del bosco, la verità oltre l'inganno: il caso di Serena Mollicone (Piemme) un libro che accende un faro su questa vicenda di cronaca nera dai lati ancora molto oscuri, che sembra non avere un colpevole certo.

Serena Mollicone scomparse da Arce a metà mattina del 1° giugno del 2001 e venne ritrovata morta nella tarda mattinata del 3 giugno 2001 in località Fonte Cupa, a Fontana Liri, in provincia di Frosinone. La sua storia ha continuato a interessare i lettori e i telespettatori di ogni età per i tanti misteri, bugie e omissioni che hanno accompagnato i processi. Ad oggi per questa terribile vicenda di provincia non è arrivato alcun lieto fine dal momento che il processo di primo grado nei confronti di cinque soggetti individuati dalla procura di Cassino come coinvolti nel delitto di Serena si è concluso con la assoluzione per non aver commesso il fatto.

Le due autrici prendono ora posizione e ricostruiscono tutti i dettagli di questo omicidio entrando nella mente di chi ha commesso un crimine così efferato e di chi ha ingannato, depistato, manipolato in tutti questi anni, dipanando il groviglio oscuro che ha intrecciato le vite della vittima, della sua famiglia e di tutti coloro che hanno partecipato, a vario titolo, al suo omicidio, uno dei più atroci mai commessi dal dopoguerra ad oggi.

Tra le decine di casi di cronaca nera che si è trovata ad affrontare perché la scelta è caduta proprio su quello di Serena Mollicone?

Roberta Bruzzone: "Mi sto occupando in prima persona del caso in qualità di consulente di parte civile (ossia della zia di Serena, Armida Mollicone, difesa dall'Avv Nardoni), ho studiato approfonditamente questo fascicolo e ho partecipato attivamente al processo, e per questo ho ritenuto doveroso raccontare in questo libro, come è andata davvero in aula e quali sono gli elementi che sono emersi sia durante l'indagine, che durante il dibattimento. Ecco perchè sono convinta della fondatezza dell'impianto accusatorio. In quest'opera abbiamo raccontato come stanno realmente le cose e quali sono gli elementi a disposizione dei giudici di secondo grado che presto dovranno esaminare la vicenda dal momento che sia noi che la Procura di Cassino abbiamo fatto appello contro la sentenza di primo grado. Sentenza che, in qualità di consulente tecnico che opera da oltre 20 anni nei tribunali italiani, ovviamente rispetto ma che non codivido affatto”.

Come vi siete divise il lavoro lei e Roberta Bruzzone viste le vostre specificità?

Federica Nardoni: “Ognuna di noi ha apportato quel quid pluris che la sua competenza specifica nella materia poteva dare alla narrazione, fornendo una chiave di lettura il più completa ed esaustiva possibile, con riferimento alla analisi crimodinamica - che si occupa della ricostruzione dell’evento partendo dall’analisi della scena del crimine - del delitto, ma anche agli strumenti per comprendere i passaggi processuali e consentire al lettore di avere una rappresentazione aderente alle risultanze processuali”.

Da dove siete partite?

RB: “Noi siamo parte processuale, quindi abbiamo accesso integrale a tutti gli atti del caso. Siamo quindi partite dall'inizio, dalla mattinata del 1° giugno del 2001 e abbiamo ricostruito tutti i tasselli della vicenda”.

C’è un particolare che vi ha dato un’illuminazione, o tragicamente la vostra lunga esperienza insegna?

FN: “L’esperienza è certamente maestra di vita e riesce a far incastrare tutti i tasselli e a ricomporre il puzzle di questo complicato omicidio, ma il particolare riferito dal brig. Tuzi, e cioè che dalla sua postazione non vedeva le scarpe di Serena quando ormai tutti conoscevano il tipo di calzature indossato dalla vittima, è stato illuminante della autenticità delle sue dichiarazioni”.

Avete avuto, vista la lunga storia di depistaggi che dura da venti anni, qualcuno che ha tentato di fermare la vostra inchiesta personale?

RB: “Al momento non abbiamo ricevuto alcuna pressione particolare, del resto non credo nemmeno sia ipotizzabile che qualcuno possa permettersi di interferire nelle nostra scelte. Abbiamo ritenuto doveroso scrivere quest'opera e scriverla in questo modo, chirurgico e oltremodo dettagliato, per onorare la memoria di Serena e di suo padre, Gugliemo Mollicone. Riteniamo fondamentale che l'opinione pubblica conosca nel dettaglio tutta una serie di passaggi che raccontiamo nel testo senza fare sconti a nessuno”.

Il maresciallo Franco Mottola, suo figlio Marco e la moglie Anna Maria accusati in un primo momento, sono stati assolti per non aver commesso il fatto. I giudici della corte d’Assise di Cassino sostengo che ci siano altre persone coinvolte. Secondo voi, visto l’andamento del caso, può essere plausibile?

FN: “Il coinvolgimento di altre persone, ipotizzato nella sentenza di primo grado, non incrina la robusta ricostruzione della Pubblica Accusa, suffragata dalle prove testimoniali e scientifiche”.

Oltre a Serena Mollicone, c’è un’altra vittima apparentemente suicida, Santino Tuzi un carabiniere che ha visto Serena entrare in caserma per denunciare un caso di spaccio di droga.

RB: “Noi abbiamo una prospettiva decisamente diversa su Santino Tuzi, a cui abbiamo dedicato uno dei capitoli più corposi della nostra opera. Riteniamo che si sia suicidato per sottrarsi alle conseguenze giudiziarie del suo lungo silenzio perché temeva, fondatamente, di venire arrestato. Io francamente credo che Santino Tuzi sia vittima, in primis, di se stesso. E nel libro spieghiamo dettagliatamente il perché”.

Quello di Serena è uno dei delitti più orribili, a partire dalla modalità per finire ai depistaggi. Come l’ipotesi del coinvolgimento della setta satanica, e molti altri che avete spiegato bene nel libro. Può un ipotetico caso di spaccio di droga in un piccolo paese, essere arrivato a tal punto? Secondo le vostre ricostruzioni che cosa coprirebbe?

FN: “Nell’omicidio di Serena ci sono sicuramente due componenti: una posta in essere dal soggetto che ha provocato la lesione alla testa e che ha agito in un moto d’impeto, di rabbia incontrollata. L’altro dei complici che hanno tutelato e cercato di ottenere e far ottenere l’impunità. Le dimensioni del paese non debbono trarre in inganno in quanto è soprattutto la posizione strategica a metà strada tra Roma e Napoli che presumibilmente ha facilitato l’attività di spaccio ed il consumo di stupefacenti sia tra i giovani che tra i meno giovani, ma non stiamo parlando di un omicidio riconducibile nell’ambito di un’ipotesi di spaccio”.

Dopo la riesumazione del corpo della ragazza mancavano parti anatomiche molto importanti per le indagini, questo per voi significa un coinvolgimento più ampio nella vicenda, anche ad altri livelli?

RB: “No, io ritengo che, purtroppo questo genere di mancanze sia piuttosto diffuso soprattutto nei casi a pista fredda. Mi è capitato più volte di imbattermi in situazioni simili. Ritengo sia un problema di cattiva gestione dei reperti. Non credo al complotto per intenderci”.

Dalla sua esperienza, il branco difende sempre il branco?

FN: “Il branco difende sempre il branco. Il senso di appartenenza offre la rete di protezione e rafforza gli istinti peggiori e soprattutto è determinante nel portare a termine propositi criminosi che da soli non si avrebbe il coraggio di portare a termine”.

Le chiedo da psicologa forense, cosa si può arrivare a fare la mente umana pur di proteggere qualcuno?

RN: “Purtroppo il peggio del peggio. E ne ho viste di storie di questo genere che mi hanno portato a non sorprendermi più di niente. Nel testo abbiamo dedicato un capitolo ad esplorare proprio cosa è successo nella mente di chi ha tolto la vita a Serena interpretando tutte le condotte che sono state poste in essere per assassinarla e per liberarsi del suo corpo”.

Cosa secondo lei non funziona nella giustizia del nostro Paese? Può un caso di una simile gravità, come molti altri, rimanere insoluto per così lungo tempo?

FN: “Il sistema penale è stato spesso criticato per la lungaggine dei procedimenti. Per eliminarla vengono varati provvedimenti emergenziali, dettati in alcuni casi dalla necessità di dare una risposta immediata suscitata dal particolare allarme sociale destato da alcuni crimini, ed altre volte dalla necessità di deflazionare il carico giudiziario. Norme che spesso non sono armonizzate con le altre, finendo così per determinare la necessità di ulteriori interventi normativi. Vorrei però, sottolineare la fortuna che abbiamo di avere un sistema garantista che consente a chiunque sia sottoposto a procedimento penale di difendersi e di provare la propria innocenza, oppure di arrivare alla pronuncia di sentenza di condanna anche se a distanza di molti anni, ma all’esito di un giusto processo. Il lungo trascorrere del tempo non sempre è un elemento negativo. Nel caso Mollicone, il tempo trascorso sicuramente negativo per la sofferenza della famiglia, ha però consentito di poter utilizzare tecniche scientifiche innovative che nel 2001, quando si è consumato l’omicidio, non c’erano o erano poco conosciute o utilizzate, consentendo che non rimanesse un delitto insoluto, ma che fosse, come speriamo sia confermato dalla Corte di assise di appello, un delitto imperfetto. La Procura e le parti civili, hanno, infatti presentato appello nei confronti della sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Assise”.

Quale impulso alle indagini può dare il vostro libro e quali piste avete battute, che a suo parere sono state sottovalutate?

RB: "Il nostro testo affronta in maniera precisa gli aspetti fondamentali della pista attuale che noi riteniamo fondata.

A nostro parere le prove per dimostrare che Serena è stata uccisa nella caserma di Arce nel pomeriggio del primo giugno del 2001 ci sono, nel libro le affrontiamo una per una, per questo confidiamo nel processo di appello".

La ragazza del bosco, la verità oltre l'inganno: il caso di Serena Mollicone

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