Controcultura

L'importanza del ricordo

Fin dalla più antica preistoria l'essere umano anche le specie che hanno preceduto il Sapiens Sapiens ha avuto cura dei propri morti

L'importanza del ricordo

Secondo calcoli recenti, negli ultimi 200mila anni sono vissuti 107 miliardi di uomini e donne, quattordici volte la popolazione attuale del pianeta. Fin dalla più antica preistoria l'essere umano anche le specie che hanno preceduto il Sapiens Sapiens ha avuto cura dei propri morti: seppellendoli, cremandoli, affidandoli al mare, deponendoli in loculo o sarcofagi, mummificandoli, scarnificandoli. Addirittura, in alcune culture, con il cannibalismo, inteso come un modo per mantenere il defunto nel ciclo della vita.

Ai re è sempre spettata una sepoltura solenne, e basta pensare alle piramidi egizie. Seguirono poi i grandi sacerdoti, i generali e naturalmente i ricchi, che volevano lasciare anche nella morte il ricordo di una vita opulenta. Delle decine di milioni di soldati caduti nelle battaglie, in genere non è rimasta memoria, se non per celebrare le glorie di una guerra e dei suoi condottieri. Soltanto in tempi relativamente recenti, con la leva di massa e una maggiore attenzione al popolo, quindi all'individuo, si è pensato di celebrare nel ricordo anche i caduti che non sarebbero passati alla storia.

La Grande Guerra, come veniva chiamata quella che per noi oggi è la Prima guerra mondiale, fu una carneficina quale in mondo non ne aveva mai immaginate. Lasciò centinaia di milioni di orfani, vedove e genitori sopravvissuti ai loro figli, un fatto così straziante che non è stata neanche creata una parola per definirli. Così si pensò di onorare con una sepoltura simbolica tutti i caduti, in particolare quelli di cui non era possibile risalire neanche al nome.

Fu Gabriele d'Annunzio a coniare l'espressione «Milite Ignoto» dal latino miles ignotus, per una cerimonia di cui sta per ricorrere il centenario. E d'Annunzio volle, personalmente, onorare i suoi compagni caduti disponendo che avessero un'urna intorno alla sua, nel Mausoleo che domina il Vittoriale degli Italiani. Sono dieci, e fino a pochissimo tempo fa, tre urne erano vuote.

Una lo resterà per sempre, il pilota Antonio Locatelli, morto in combattimento e le cui spoglie non sono mai state trovate. È stata trovata, invece la salma di Riccardo Gigante, senatore e sindaco di Fiume: nel 1945 rifiutò di fuggire all'arrivo delle truppe titine e scomparve. I suoi resti erano in una fossa comune, insieme a molti altri. Sono stati identificati grazie alla prova del Dna e dal febbraio 2019 riposano dove erano destinati.

L'ultima urna vuota è quella del sergente dei granatieri Antonio Gottardo, che venne ucciso da una scheggia nella schiena quando la corazzata Andrea Doria sparò due cannonate destinate a uccidere d'Annunzio, durante il Natale di Sangue del 1920.

Sepolto finora a Fiume, il padovano Gottardo prima di questo Natale verrà accolto nel luogo che gli spetta.

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