Controcultura

Luna, guardarti mi stanca

Alla luna comparve su Il Settebello del 3 settembre 1938

Luna, guardarti mi stanca

E tu, luna! Vidi anche te. Sempre amica mi fosti, o luna. Certe volte ti vidi fra brandelli di nubi in movimento. Certe volte ti scopersi all'improvviso, falce sottilissima nei fuochi del tramonto; quasi trasparente. Da ragazzo ti guardavo a lungo, appoggiato al davanzale, e tu mi parlavi, mi parlavi in un linguaggio che io non intendevo. Ma adesso non mi parli più. È successo qualcosa fra noi. O assai di rado mi dici qualche parola nel tuo linguaggio che io nemmeno ora intendo. Ma subito mi stanco di guardarti.

Luna casalinga. Certe volte sei proprio domestica e semplice. Il mondo sembra una casa e tu stai al posto tuo.

Certe volte cammini in un cielo che sembra coperto di lucidi aghi di pini.

Fraternizzi coi ruderi, conosci il segreto dei castelli incantati.

Quando non c'è nessuno scendi silenziosa nei cortili imbiancati delle moschee deserte.

Luna caliginosa. Anche te dovevo vedere, in un cielo color lavagna.

Per il fatto di essere nato.

Ho potuto così sapere che c'è la stella Sirio.

Se no, pensate, non ne avrei saputo niente.

Certe volte, luna, te la fai con un cielo ingombro dei rottami di nuvole bianche, sul mare tutto bianco di spume e in disordine.

Eri la luna.

Io avevo sempre creduto che tu fossi la luna.

Un bel giorno sento dire: non è la luna è un atomo; è l'elemento d'un atomo, di cui il sole è l'elettrone. Nell'universo, è zero; è un punto infinitamente piccolo.

Possibile?

Oh, luna, ti avevo messo nel mio cielo, in un posto d'onore.

Non ti vidi più. Il pensiero ti aveva nascosta, eri scomparsa. Distrutta.

Ma ora capisco: la luna è la luna. Che vuole il pensiero fra me e te?

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