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Maestro di scrittura. Fu cronista e autore amato dal pubblico

Cominciò con la nera e divenne un bestsellerista capace di raccontare con ironia e buon gusto

Maestro di scrittura. Fu cronista e autore amato dal pubblico

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Dicesi scrittura leggera. Ingrati nei confronti di Luca Goldoni che infine ha concluso davvero in modo leggero la propria esistenza invece affollata di fatti e di persone e di scritti. Veniva da Parma, terra astuta e godereccia che ci ha regalato un altro cronista di grandissima penna per il nostro Giornale, Giorgio Torelli così come il Bevilacqua Alberto, gente che ha ribadito la forza della nostra lingua. Il percorso di Goldoni, il cui cognome per gli studenti del tempo, a Bologna e non soltanto, si prestava a risate di gruppo, il viaggio del giornalista Luca, dunque, prese avvio con la nera sulle pagine della Gazzetta di Parma e del Carlino, buone scuole per scoprire un mondo piccolo e borghese dal quale trarre cronache e storie di crimini e di costume che diventarono, in seguito, il suo piacere personale, la sua firma letteraria, elegante, discreta ma volgare mai, spesso, tendente all'ambigua insinuazione. Sapeva usare le parole e questo ne favoriva l'individuazione immediata da parte del lettore. Lasciata la cronaca di quartieri e assassini, si fece comodamente adottare da Bulégna, già si godeva la vita amando i motori, siamo in quell'area larga di automobili rosse e veloci, lo acchiappava il vento del mare che gli gonfiava l'ondame dei capelli, si dilettò nelle regate in cui mostrò grande pratica ma c'era da portare a casa anche il pane, dunque il mestiere bello della scrittura; si interessò alla guerra e come inviato rischiò addirittura la pelle in Biafra per poi andare a scoprire i giorni caldi di Praga, era il suo Sessantotto, quando era impossibile trasmettere in libertà, di parola e di scrittura, i resoconti degli avvenimenti di piazza e di palazzo. Sempre respirando l'aria di Parma, fu discepolo, nel senso di carriera e perizia giornalistica, di Egisto Corradi, un altro monumento di questo Giornale, fu Corradi, con la furbizia tipica dell'inviato di bettole e carri armati, di sfuggire al controllo del kgb o affini, dettando in dialetto il pezzo in modo che nessuno degli intercettatori occulti potesse decifrare e poi capire una sola vocale consonante. Il Carlino era diretto da tale Spadolini Giovanni il quale si trasferì a Milano per guidare il Corriere. Se lo portò appresso, il futuro primo ministro, il giovane affascinante, via Solferino, sito massimo per chi volesse sognare di spezzare la matita e accomodarsi tra gli angeli del giornalismo. In verità Goldoni non intendeva abbandonare gli ozi e i vizi di Bologna, soprattutto perché aveva appena rogitato la nuova casa, dotata di terrazza, dunque perché mai traslocare nella nebbia schifosa di Milano («fumigazione rabbiosa, flatulenza di uomini, di motori, di camini...» scrisse Bianciardi). Spadolini avrebbe voluto mandarlo a spalare il mare, senza vela, ma alla fine si arrese, bene la terrazza, bene Bologna. Il primo articolo trattava di jeans, non proprio il massimo ma era il segnale che, volendo, Luca Goldoni avrebbe potuto scrivere sui tacchi, la qualunque trasformata in gusto della lettura. I viaggi per il Corriere attraversano zone pericolose e, insieme di fascino per la narrazione, dall'Africa al Medio Oriente, dall'Est europeo, ovviamente l'America, un mappamondo itinerante. Inviato speciale era una specie di distintivo da esibire e lui sapeva farlo, anche divertendosi nel vedere la reazione degli astanti. Oltre ai fatti di cronaca gli garbava pure raccontare le vergogne, diventando l'Indignato speciale, prese a scrivere libri, in dose industriale, occupandosi di quello che oggi passa per gossip e che eccita e titilla l'interesse di molti, anzi moltissimi. Era una specie di drone del costume nostrano, cito a memoria Maria Luigia donna in carriera, Colgo l'occasione, Stiamo lavorando per voi, Meglio mai che tardi (con lui medesimo in copertina), È gradito l'abito oscuro, Sempre meglio che lavorare, Il Sopravvissuto (sull'11 Settembre). Dai titoli non si potrebbe comprendere, dico per i membri della next generation, la qualità della scrittura, la sua efficacia, senza necessariamente toccare le vette alte, l'impegno sociopolitico, tutta quell'armamentario da Salone del Libro o pensatori di Rodin. All'età di anni novantacinque anni ha posato la penna.

Leggera, come la vita sua.

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